Ferdinando Tricarico, compro oro e vendo anime alla griglia

Il poeta, che è anche performer e critico letterario, ha pubblicato i poemetti Clic 35 (Napoli, 2003) Courage (Napoli, 2005), Precariat 24 acca (Oèdipus, 2010), La Famigliastra (Manni editori, 2013) e Grand Tour, passeggiate italiane (Zona editori, 2019). Ha partecipato con letture e performance a svariate azioni poetiche tra le quali il Festival per Sanguineti di Salerno e la Fiera del Libro di Torino

Tempo di lettura 10 minuti

Ferdinando Tricarico è nato nel 1967 a Napoli dove vive e lavora. Poeta, performer e critico letterario. In poesia ha pubblicato i poemetti Clic 35 (Napoli, 2003) Courage (Napoli, 2005), Precariat 24 acca (Oèdipus, 2010), La Famigliastra (Manni editori, 2013) e Grand Tour, passeggiate italiane (Zona editori, 2019). Suoi testi poetici e contributi critici sono presenti in numerose antologie, riviste scientifiche e blog letterari di carattere nazionale. Ha partecipato con letture e performance a svariate azioni poetiche tra le quali il Festival per Sanguineti di Salerno, la Fiera del Libro di Torino, il Festival Mediterranea di Roma, la Biennale della poesia di Verona, Bologna in Lettere, “Se tu sai dillo” di Milano e Flip Poesia di Pomigliano d’Arco. Ha curato laboratori di poesia nelle scuole e nelle carceri, e le antologie Attraversamenti. Percorsi di fotoscritture (Napoli, 2002), Alter ego. Poeti al MANN (Arte’m, 2012), Polesìa (Oédipus, 2018), Poeti da Secondigliano (Fondazione Premio Napoli, 2018) e Napolesìa (Bertoni editore, 2024). Tra i fondatori della rivista Trivio (Oèdipus) è stato segretario del premio omonimo. Nel 2018 ha fondato il gruppo Melopoetry.

 

Ore 07:00

 

Drin Drin

 

Per chi suona la campana

del mio lavoro squillo

feticcio di dignità

tirato a sorte

che batte a cottimo

spirito di morte

d’istante trillo

mentre gelo d’incendio

consiglierebbe sonno

più che tormento

di nessun godimento?

 

Doccia di luce pesta

frana nell’alba invana

incomodo spazio pendulo

di futuro inesploso pendolo

dentro fondotazza caffè

specchia indifferente

una lenta lente

sogno latente

nel fondotazza cesso

bollente

 

Barba invana

al suolo rasa

prima ora apolide

nella toilette dei ricordi

pavone d’accidia

il dirado proraso

schiuma a go go

di rabbia abbaiata

nonmordente

nell’ente morente

che m’attende fetente

a traballar or

 

Ore 08:00

 

Per chi mulina durlindana

spadaccia di burro

appesa alla tesa

dimorante attesa

che stornella coma

come sagoma da soma?

Qui affranto incarto

riparte fratto

sul binario morto

nell’afa refrattaria

di gelida bafagna

tra la gente affacchinata

all’assalto della propria isola

d’aria condizionata

 

Driin Driin

 

Amore verso versi

nello sversatoio

del tergiversare

e mentre aspetto

s’affalcano sudati

dubbi dispersi

nella metropolitana

ma al dunque

non c’è risposta chiara:

è questo aleatorio andare

che rende il nostro amore

larido squalloso e purulesso

o nostro sprecare acqua

del tempogoccia

clessidra esondata

acqua sporca senza bambino?

 

Ore 09.00

 

Driiin driiin

 

Per chi fascia la cuffietta

pronto pronto pronto

otofago isolante

audio di soliloqui tra soli

nell’orchestra del recesso?

 

Call semper

tane d’onde elettroumane

stie di postletame

juke box d’identitaci

metallizzate voci

dall’oltrebomba

nisba taci

allucchi d’animale

solo rasche solitarie

sputi d’asociale

 

driiiinnnn

 

In cosa utile

digitalmarconi verdegratisso

puede cacàr

alla vossia sfrenesiante bava?

Pronto

come sputacchiera di servizietti

di pinco e pallo

dipingo e rimpallo

come nudo marziano

spallo merda verde

ad mutum bla bla bla

tracima l’onniblatera

interanale

 

Ecco un tattoo che chiama

un contatto nemico lampeggia

un contratto anemico firma

un sottratto anomico licenzia

controllorchi famelici

in un istmo familistico

furoreggiano d’ingaggi

mentali lavaggi

tra sciabordio d’esulti

e tutor d’angosce adrenaliniche

ambaradan di granate

tammurriata d’emissioni nere

otoscosse dell’elettrosos

 

Driiiiinnnnn driiiiinnnnn

bungt bangt

poom poom bang bang

asensico chirurgico bailamme

percentua in trincea il disco

perfetto dell’annientamento

è n’after hour pretribale

che t’ammali

di burdellosi acuta

un mal di vivere

senza senso fonestenziale

una breve inconsistenza di tempo

 

Lampedusa

(poesia in progress, dal 2011)

 

Come s’accrocchiano ste carni

dai colori cafardi

sta babele di caini sti casini d’Abele?

Come s’acconciano

sti sconci cenci dell’inconscio

                                                                                                                                               senza troppe ciance

sti sogni in bianco e negrogiallo

sta scacchiera d’arlecchini

sto nascondino di clandestini?

Come s’incrociano sti bastardi

dal pedigree che puzza

st’ ibridi da brividi

sti meticci posticci

sti olezzi di creoli

sto safari di sari nella subburbia

del Subsahara subumano?

Come si scacciano

ste sgnacchere rumene fottimariti

di mogli che non fottono più?

Come s’agglutina sto verso celiaco

co sta stirpe che magna magna

col mal de Sancho Panza?

Come si placcano sti rom iperattivi

apolidi presunti nomadi unti sinti finti

rifugiati in vacanza neristinti di stenti

sul filo atroce dell’asilo camminanti?

Sti schiavottielli ribelli

ci tolgono il lavoro

fanno i soldi col pomodoro

con le dita nei tergicristalli

col piscio dei pappagalli

e ballano il liscio nella galera

invece dell’alligalli nella balèra.

Sti famigli desiderano le donne

che stupriamo noi in famiglia.

Sto carico residuale

col mare in tempesta

viene nella nostra Nazione

 a fare la festa!

Sti barbari bari non stanno mai quieti

s’annegano in erba

e tornano a galla come merda.

Come si fa il bagnetto

nel sangue d’aidiesse de sti fetienti?

Divello ed espello

li aiuto a morire in casa loro.

A Lampedusa

promessa di Musa

troveranno la casa chiusa!

da Precariat 24 acca, Oèdipus, 2010

 

Prolog in

Come si canta la famigliastra

arrampiccata sugli specchi

nella guerra finale

d’eros e civiltà

mentre cupidigio sfreccia

nell’anodizzato cuor

derivati e succedanei?

A canzonar canzoniere

c’è già un festival di canzonette fritte

non resta che origliare

nel maledetto letto del non detto

il russare della noia

l’ansimar d’ansia

i piedi freddi

le evasioni vane

il groppo del rancore

non resta che sparigliare

incroci transiti e interstizi

ibridi e accrocchi…

Sta cosa large y strange

che sta ingrippando

ginecologi a scrutar

oligospermiche palle

astrologi a cannocchialar

atavici disastri e nuovi estri

sociologi a dispositivar

equilibri tristi

e filosofi solitari a simpatizzar

con moltitudini

di vermi inermi

al fonte battesimale

annegati e lindopinti

da sangue minto muco sperma mestruo pianto

mutilati di piacerazzi

inferociti di doloroni

y alor anch’io underground

pogo nella cattività

di primati digitali

e sconvolto

ad oliodifegatodimerluzzo

sconfinfero…

A donde vas

sta turbogenetica combriccola

nel supercarcere pianeta

qual farsetta è il dì di festa

tra zii e zie sugli zebedei?

Y podrian nella valle dei subcrime

sputtanar maliemanie dell’Impero

connesse masse?

Mi spiazzo qui in limine

stand by

mutante in mutande

tra nostalgia di Stoccolma della natìa

e avventura di randagi arcofonemi

tra fu e chissà

pianto viscere in espianto…

Da sempre è d’uso sproloquiar

sul funerale dell’immortale

piegata ma non rotta

sine alternativa di sorta

tanto più che in vitro veritas

l’utero è in disuso

l’abuso a consumo

l’eternit in fumo

nella gang bang degli slang

l’era glaciata

la società gassosa

l’eros virtuale

l’epos rituale

l’ethos inattuale

il pathos accidentale

Il filo interdentale…

da La Famigliastra, Manni editore, 2013  

 

Discorso sullo stato dell’Unione del Presidente Trump scritto da un ghostwriter amante del discorso di Pericle agli Ateniesi (l’ennesimo collaboratore da licenziare)

 

Qui a Washington noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i pochi invece dei molti: per questo viene chiamato democrazia.

Qui a Washington noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia diseguale nelle dispute private e si ignorano i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino è patentemente mediocre, allora esso sarà, a preferenza d’altri, chiamato a servire lo Stato, come un atto d’insulso privilegio, come una ricompensa al demerito, e la povertà costituisce un insormontabile impedimento all’accesso di qualsivoglia carica pubblica.

Qui a Washington noi facciamo così.

La schiavitù di cui siamo vittime si estende anche alla vita quotidiana; noi siamo sospettosi l’uno dell’altro e infastidiamo il prossimo al quale piace vivere a modo suo.

Noi siamo schiavi, non liberi di vivere come ci piace e siamo sempre pronti a fuggire da qualsivoglia pericolo.

Un cittadino americano trascura il bene comune quando attende alle proprie faccende ma soprattutto utilizza i pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui a Washington noi facciamo così.

Ci è stato insegnato a non rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche a non rispettare le leggi e a dimenticare di proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato insegnato a non rispettare quelle norme che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di buon senso.

Qui a Washington noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi lo consideriamo innocuo e utile; e avendo sequestrato in pochi la vita politica, beh più nessuno è in grado di giudicarla.

Noi consideriamo la dialettica un ostacolo sulla via della democrazia.

Noi crediamo che la felicità sia il frutto di una servitù volontaria e che la libertà sia solo figlia dell’obbedienza.

Insomma, io proclamo gli Stati Uniti gendarme del mondo e che ogni americano cresce sviluppando un’unica dimensione, la sfiducia in sé stesso, la disponibilità al macello per combattere le guerre di dominio, ed è per questo che la nostra città si chiude all’altro e cacciamo gli stranieri.

Qui a Washington noi facciamo così!

in Trivio, 51 poeti per la Democrazia, Oèdipus, 2018

 

Spaccanapoli

 

Lavori fuori corso in corso

wi fi zone and cafè

botteghe al neon e zanzare tze tze.

 

Appollaiati sulla ruggine

libelli a prezzi di cartastraccetta

pane e muzzarella

Pulcinella e tarantella

bignè di crema e salvadanai di creta.

 

Pietre di piperno a punta di diamante

non adamantine

gesuitiche

studentesse fuorisede

metà sciatte e metà fighe

con la pizza a portafoglio

in fotocopie.

 

Crocchè e gattò

wurstel e frittatine

tubero e sughero

pop corn e patatine

presepiart e patatart.

 

London calling Paris rsvp

vintage delle pezzing

George Best e David Beckam

trova le differenze!

 

Illuminismi e spiritilli

essere superstiziosi è da ignoranti

non esserlo porta male

fachiraggio e facchinaggio

chi levita e chi lievita.

 

Il campus universitario non ha numero civico

nella fiumana decumana tutto scorre dopo la tempesta

 

Frasi oscene di analfabeti creazionali

sciarpette cinesi borsette africane lanterne indiane

orge di vero finto

vera pizza vero caffè vera pastiera in similandia.

 

Genny ti amo.

 

La bottega è la strada

il retro la bottega

cianfrusaglie e fragaglie

arravogli e arragli

pastori e pastorale partenopea

saponi e saponari

crocifissi agli arresti domiciliari.

 

Compro oro e vendo anime alla griglia

Faust è l’amico di famiglia

Maradona e San Gennaro squagliano il sangue nelle vene.

 

Tifosi in servizio permanente affettivo

custodie di smartphone arcobaleno

cartolina in bianco e nero.

 

La scuola col nome della giovane martire

le mamme con i passeggini blindati.

 

Sigarette di contrabbando galleggiano

nel blu nostalgico degli scafi blu.

 

Vietato buttare la spazzatura edilizia fuori le mura

per la monnezza c’è l’intra moenia.

 

Merda Gullit.

 

L’edicola votiva a luce bianca

col contatore elettrico attaccato

al seno della Vergine Madre

sotto questo cielo senza vespasiano

dove non puoi pisciare se prima non consumi al bar.

 

Lo scopatore privato

nella cappella anodizzata color cacata

si è assunto senza concorso e senza stipendio

autosfruttato.

 

Le signore alle sbarre

col mento incastrato nella ringhiera

a ringhiare memento mori.

 

Pizzeria Tal dei tali (unica sede).

 

Gradini e gradoni in degrado

gradite una granita di granone?

 

Piedigrotta casatiello e sorca

festa farina e forca

Ospedale delle bambole

ambulatorio Usl 46

l’unica non commissariata.

 

Facce ingiallite e porose

nel tufo giallo moroso

martelli trapani e motoseghe

i panni stesi e le stese.

 

Ti amo Patrizia.

 

Campane di vetro in tutte le misure

gli standard sono imposture.

 

Tutto a 1 euro

non c’è che dire

Ikea può pure fallire!

 

Insegne conservate non restaurate

palazzi aristocratici buttati lì a come viene

sciarmanti ed informali

finti sciatti

qualcuno si è rifatto la facciata

ipocrita!

 

Le cose belle vanno vissute non museificate

no gentrification si stratification!

 

Le zeppole di san Giuseppe semper

la zeppa anni ’70 ciclica.

 

Street art nei vichi stretti contro le cose storte

la pelle di Napule è spalle e ventre al muro.

 

Intellettuali col panzone a panzarotto

lenti e ballonzolanti

come la vera cultura napoletana.

 

La pizzeria la figlia di Tal dei tali (unica sede).

 

Assemblea sulla sanità popolare

assemblea sull’arte solidale

assemblea sullo sport popolare

assemblea sul teatro sociale

assemblee di mancanze

assemblee di assemblee.

 

All’ombra degli obelischi in fiore

le fanciulle a far filone

al primo raggio seminudi

con l’uggia sciarponi e fuggi fuggi.

 

Musici pittori poeti da marciapiede

saltimbanchi incendiari fingitori

cererie cioccolaterie drogherie mercerie sacrestie osterie sfogliattellerie

storie e dicerie.

 

Davide vive.

 

Spritz emetici contro la crisi

il bere vince sempre sul male.

 

Bòtti e bótti

croci e Croce

tope atipiche e tipici topoi

il napoletano napoletano è di Napoli Napoli.

 

Carta cartoni cartari cartuscelle

carte da gioco e carte sporche

cantanti a cappella coi cappelli in mano

custodie di chitarre come bare

no fiori ma opere di bene!

 

I taralli caldi sono freddi

al lotto la lotta continua

stiamo friggendo per te!

 

La pizzeria la sorella cugina di Tal dei tali (unica sede).

 

Turisti molto pittoreschi

sulla giostra picaresca

a ciucciare cocchi freschi.

 

Tutti indigeni endogeni

nessuno si atteggia a cittadino

è fuori moda dal 1799:

 

Caracciolo Francesco, Carafa Ettore, Cirillo Domenico, Del Deo Emanuele, Fonseca

Pimentel Eleonora, Galiani Vincenzo, il pazzo Michele, Pagano Francesco, Natale

Michele, Russo Vincenzo, Serra di Cassano Gennaro, Vitaliani Vincenzo…

qui pizza a 100 euro per deputati e senatori!

 

Siate napoletani non fate i napoletani

e se si fosse da sempre una maschera?

Il teatro è reale perché irrituale

e tutto ciò che è razionale qui sembra irreale.

 

Lota!

 

La lingua inglese è made in Naples

trip e rap tric e trac suk suk e sik sik

koinè fonè alé alé

il canto della sirena non è solo neomelodico.

 

Di sopra Caravaggio dimenticato nella cantina

di sotto greci e romani tra acquedotti e teatri

con la cultura si mangia a gratis dentro e fuori.

 

Rotoli di carta igienica con le facce dei potenti

No foto comprate!

 

Il tempo scorre sospeso come quel caffè al bar in attesa

c’è qualcosa di antico oggi nel cielo anzi di nuovo.

 

Napoli da Grand Tour, passeggiate italiane, Editrice Zona, 2019

Previous Story

Franco Arminio, la lingua di chi soffia parole sul muro del destino

Next Story

Monia Gaita, mi semino dentro il granaio dei volti