Dopo un consueto viaggio tranquillo attraverso la semi-montuosa Transcarpazia ucraina, con sosta notturna nella vivace Leopoli (L’viv), interrotto da qualche sporadica sirena e dalle notizie radio di un massiccio attacco notturno nella verdeggiante regione di Rivne, mai avrei immaginato, inebriato dai colori e profumi estivi, di avvertire, forse per la prima volta, i brividi della guerra alle porte di Kyiv. I fatti bellici osservati dai salottisti dei dibattiti televisivi italiani assieme ai molti mesi trascorsi nella lontana e ignara Italia avevano infatti dilatato i ricordi di questo spettro nel tempo e nello spazio.
Era da poco passata la mezzanotte, rischiarata dal candore di un plenilunio che si rifletteva nell’enormi distese ucraine, quando mi sono dovuto fermare all’avamposto militare posizionato a uno dei punti di accesso della capitale. Avevo notato in lontananza che l’ampia superstrada era stata sbarrata da grosse travi metalliche anticarro. Manipoli di soldati con armamenti pesanti da combattimento fermavano e controllavano, con fermezza marziale, le auto provenienti da Žytomyr e dirette a Kyiv. Inizialmente ho pensato al solito controllo di routine. Ma il sottoufficiale incaricato, dopo avermi intimato l’alt ed essersi accertato della mia identità e dove fossi diretto, mi ha ingiunto di invertire la marcia e di attendere l’alba fuori dell’area urbana. Il coprifuoco termina, infatti, alle cinque del mattino. Non ho potuto fare altro che eseguire gli ordini. A nulla sono valsi i miei timidi tentativi di far presente che avevo un alloggio, il padrone di casa mi attendeva da qualche ora e che sono anche legato all’università di Kyiv.
Ad essere sincero mi era sorto il dubbio intorno alla mezzanotte, allorquando il navigatore incorporato nella mia macchina ucraina e il navigatore del mio cellulare, provvisto di doppia scheda, avevano cominciato, come impazziti, a segnalare direzioni inesistenti, alternate a interruzione del segnale. Finanche l’orologio di bordo, d’un tratto, indicava orari astrusi. Ho ripercorso la “trasa” – ovverosia la superstrada – forse una delle migliori in Ucraina – a ritroso in cerca di un posto per pernottare, ovviamente in auto. A circa 10 km da Kyiv, sul limitare dell’area preurbana (mis’ka smuha), ho ritenuto che fosse “meno pericoloso” fermarsi nei pressi di un’area di servizio chiusa, nella quale erano fermi, probabilmente per la stessa ragione, altri mezzi leggeri e pesanti. Ho parcheggiato la macchina il più lontano possibile dal distributore di benzina e gas in caso di un’esplosione improvvisa dovuta alla caduta di schegge o, peggio, di droni o missili balistici: a sinistra dei TIR, a destra un campo aperto e una radura poco distante.
Mi sono rannicchiato sul retro, adibito a cabina, pensando di poter sonnecchiare qualche ora. Non erano neppure trascorsi venti minuti, quando un contraccolpo che ha fatto oscillare la macchina e l’eco tonante di un colpo di artiglieria pesante – forse l’abbattimento di un missile da parte della contraerea ucraina – hanno sconquassato l’apparente quiete notturna. Da quell’istante, con intervalli ciclici di alcuni minuti, bagliori notturni, simili a stelle cadenti con filamenti estesi, si stagliavano nel cielo estivo puntellato di stelle mentre la luna piena restava attonita a osservare.
Era la contraerea ucraina che difendeva il sonno inerme di milioni di civili dai droni malefici che, da oltre tre anni, incombono sugli abitanti di Kyiv e altre città ucraine. Eppure, a rifletterci, una simile notte, è diventata “a-normale” abitudine per molti…