I PFAS ritornano ciclicamente alla luce dei riflettori. Sui social, in particolare in questi ultimi tempi, gruppi di attivisti lanciano petizioni e appelli di sensibilizzazione sull’azzeramento o la riduzione delle sostanze chimiche per la tutela ambientale e della salute pubblica. Introdotti nel mercato globale fin dagli anni ’50 e largamente utilizzati nel settore industriale, PFSA è l’acronimo di polyfluoroalkyl substances: un gruppo di composti chimici di sintesi dalla elevata stabilità, capaci di rendere le superfici impermeabili all’acqua, al grasso e resistenti al calore. Il politetrafluoetilene (PTFE) è il primo PFSA scoperto nel 1938 nell’azienda DuPont da Roy Plunkett. Qualche anno dopo, la Kinetic Chemicals brevettò il prodotto e registrò il nome commerciale “Teflon”. Esistono migliaia di varianti PFAS, ma i più noti sono PFAO (perfluoro-ottanoato di ammonio) e GenX, il sostituto moderno a minor impatto ambientale. Dove si trovano? In svariati prodotti, tra cui nei rivestimenti antiaderenti di pentole e padelle in teflon, negli imballaggi alimentari, nell’abbigliamento, negli schiumogeni antincendio, nei detergenti per l’igiene domestica e della persona, inclusi i cosmetici. La loro particolare stabilità chimica li rende “immortali” (persistenti nell’ambiente e negli organismi viventi ), tanto da essere definiti “inquinanti eterni”. Le fonti di contaminazione ambientale sono le industrie chimiche, le discariche e i fanghi degli impianti di acque reflue, la degradazione fisica delle microplastiche. Una volta dispersi, entrano nella catena alimentare attraverso la contaminazione dell’aria, del suolo, delle acque e dei prodotti da consumo. Gli esseri umani, quindi, possono essere esposti ai PFSA attraverso il cibo, l’acqua potabile e l’inalazione di particelle sospese nell’aria. Gli effetti dannosi sulla salute sono molteplici: alterazione della risposta immunitaria e del metabolismo lipidico e glucidico, il rischio di neoplasie renali, epatiche, mammarie e testicolari, le patologie ischemiche, le disfunzioni tiroidee e l’aumento dei casi di infertilità. Come difendersi dai PFSA? Nella gestione personale, dare una precedenza alle fibre naturali ed evitare gli utensili in plastiche e teflon, sarebbe una regola basilare. Ma non basta. La Direttiva UE 2020/2184 sull’acqua potabile ha introdotto limiti restrittivi per alcune sostanze PFSA: il limite massimo di PFAS è di 0,50 microgrammi/litro per il parametro “PFSA totale” e 0,10 microgrammi/litro per la somma delle 20 sostanze più preoccupanti. I Paesi membri della UE sono tenuti, entro il 12 gennaio del 2026, a monitorare la presenza di PFSA nell’acqua potabile e a garantirne la qualità. Oltre le “acque senza veleni”, il regolamento REACH del 18 dicembre 2006 è il pilastro fondante che promuove l’innovazione e la competitività dell’industria chimica europea attraverso l’identificazione e l’autorizzazione delle sostanze prodotte e importate. Lo scopo del regolamento è volto anche a migliorare la conoscenza dei pericoli derivanti da sostanze chimiche nuove e già presenti sul mercato. Cinque Paesi europei (Germania, Svezia, Norvegia e Paesi Bassi) nel 2023 in risposta al REACH, presentarono all’Agenzia europea per la chimica (ECHA) la proposta congiunta di divieto della maggior parte di PFAS; ancora oggi in corso di valutazione. La Francia, a differenza dell’Italia, ha già approvato una Legge che, a partire dal 2026, vieterà l’uso di PFSA nei cosmetici e nel tessile. Associazioni e Comitati di liberi cittadini chiedono al governo italiano di attivarsi sulla produzione e l’utilizzo di tali inquinanti ambientali. Il decreto legislativo 260 approvato dal Consiglio dei Ministri il 13 marzo 2025 e trasmesso al Senato, introduce un nuovo valore limite nella somma di quattro molecole di nota pericolosità, pari a 20 nanogrammi per litro nelle acque da consumo umano: un valore uguale a quello introdotto in Germania, ma ben lontano dai valori più cautelativi adottati da Paesi attenti all’ambiente, quali la Danimarca e la Svezia. Dopo decenni di stratificazioni PFSA, i veleni invisibili sono parte di noi. Ma non è mai troppo tardi per riparare il danno.
Difendiamoci dall’invasione dei veleni invisibili
I Paesi membri della UE sono tenuti, entro il 12 gennaio, a monitorare la presenza di sostanze inquinanti nell’acqua potabile. Oltre le “acque senza veleni”, il regolamento REACH del 18 dicembre 2006 promuove l’innovazione e la competitività dell’industria chimica europea attraverso l’identificazione e l’autorizzazione delle sostanze prodotte e importate. Lo scopo è di migliorare la conoscenza dei pericoli presenti sul mercato
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