Blue Taxi, un viaggio musicale oltre i confini del jazz

L'ultimo album di Loris Donatelli: un ponte tra tradizione e innovazione, in cui ogni nota racconta un frammento di vita. Una mappa emotiva nella quale perdersi e ritrovarsi, coniugando la profondità del genere con la libertà della musica contemporanea

Tempo di lettura 3 minuti

Tra brani originali e grandi classici rivisitati ecco il progetto solista del musicista abruzzese Loris Donatelli: un viaggio musicale oltre i confini del jazz che esplora sonorità acustiche ed elettriche con un approccio introspettivo.

Classe 1978, Loris Donatelli vive a Montesilvano (Pe). Chitarrista, compositore e docente dalla carriera poliedrica, si è diplomato in chitarra jazz al Conservatorio ‘Luisa D’Annunzio’ di Pescara con 110 e lode. Ha collaborato, tra gli altri, con lo statunitense Stef Burns, già chitarrista di Alice Cooper e oggi di Vasco Rossi, e nel 2011 e nel 2012 si è esibito in occasione del Concerto del Primo Maggio.

Sul disco e sul debutto discografico

«Con ‘Blue Taxi’ ho voluto realizzare un album che fosse un ponte tra tradizione e innovazione, in cui ogni nota racconta un frammento di vita. È un lavoro intimo ma universale, un progetto solista che parla a chi ama perdersi e ritrovarsi nella musica». Questa l’affermazione di Loris Donatelli. Stringata la descrizione sul suo esordio discografico, presente negli stores da mercoledì 14 maggio e pubblicato per la label ‘PlayCab’. Disponibile in tutti i formati: digitale e fisico, il disco prende per mano l’ascoltatore e lo conduce in un viaggio oltre i confini del jazz, in un dialogo tra tradizione e sperimentazione, senza soluzione di continuità.

Il disco

Nelle otto tracce del lavoro, le ‘composizioni originali’ sono cinque e attraverso l’uso sapiente di loop, dissonanze e improvvisazioni, Donatelli esplora sonorità acustiche ed elettriche con un approccio introspettivo e allo stesso tempo narrativo,  senza mai far notare un esercizio di stile, ‘Blue Taxi’ vuole essere una mappa emotiva nella quale perdersi e ritrovarsi, coniugando la profondità del jazz con la libertà della musica contemporanea. «Ogni brano del lavoro è un piccolo universo autonomo e metafora di un’esplorazione interiore».

L’album si apre con la title track ‘Blue Taxi’: un loop ostinato e asimmetrico che trae vita dal suono di un clacson nel caos del traffico cittadino. L’armonia, radicata nella scala blues, si sviluppa con un omaggio a McCoy Tyner.

Il secondo brano, ‘Autumn Leaves’, si apre con un’introduzione libera in chitarra sola; il celebre tema si svolge poi nello stile ‘chord-melody’ di Joe Pass. [L’approccio del chord melody – afferma Gigi Cifarelli – consiste nell’armonizzare una determinata melodia seguendo un giro armonico fisso. In questo caso la melodia in questione sarà il tema di uno standard; questo però non significa che lo stesso procedimento non possa essere utilizzato nell’ambito di un’improvvisazione. In tal caso dovremmo applicare la tecnica del chord melody a una melodia creata in via del tutto estemporanea. Tale procedimento implica essere molto esperti nell’utilizzo dei voicing ed avere un’ottima visualizzazione delle note sul manico in relazione agli accordi.] Prima di passare, nel brano, a un’energica improvvisazione swing in cui l’interplay di due chitarre rievoca il dialogo tra chitarra e contrabbasso tipico di un tradizionale trio jazz. La terza traccia, ‘Modal Steps’ è un ‘jazz waltz’ modale che si svela man mano nel dialogo sospeso tra due chitarre, mentre la melodia si apre in un intervallo sempre più ampio, creando una trama armonica ricca e imprevedibile.

Segue ‘’Round Midnight’, un viaggio notturno tra le ombre del jazz. Il tema di Thelonious Monk è sfuggente come un ricordo di mezzanotte e, proprio quando la ballad sembra concludersi, un frammento del brano si trasforma in un groove funk ipnotico, come se la malinconia, improvvisamente, trovasse il ritmo per danzare con sé stessa. Qui la chitarra solista, prendendo ispirazione dallo stile di Wes Montgomery, crea un dialogo serrato con il groove sottostante, mentre le sezioni jazz e funk del brano si legano perfettamente. ‘All Of Me’, la quinta traccia, è un dialogo sospeso tra tradizione e avanguardia: reso celebre da Billie Holiday, questo grande classico viene reinterpretato attraverso sonorità eteree e dissonanze poetiche dove la chitarra dipana il tema con calma riflessiva, come esplorando un paesaggio notturno, per poi sciogliersi in un’improvvisazione che sfuma gradualmente in un loop ipnotico, eco persistente di un viaggio interiore che continua a risuonare anche dopo l’ultima nota.

Segue ‘Tourbillons Intérieur’, un vortice di suoni che avvolge l’ascoltatore in un viaggio introspettivo, un paesaggio musicale fuori dal tempo ispirato all’universo del compositore francese Olivier Messiaen. Nel penultimo brano, ‘Everywhere’, la chitarra diventa respiro, un dondolio malinconico che trasforma ogni nota in un ricordo sfocato: le armonie si espandono come cerchi nell’acqua, i suoni sembrano provenire da un altrove nostalgico.

Chiude l’album ‘Quarter Past Twelve’, un blues che perde il conto del tempo: la chitarra acustica tesse una tela di loop ipnotici. Ancora Donatelli: «Il quarto in più è un momento di smarrimento ritmico che trasforma la tradizione in scoperta. Come guardare l’orologio e rendersi conto di essere altrove.»

Antonino Ianniello

Nasce con una spiccata passione per la musica. Si laurea in lettere moderne indirizzando la scrittura verso il giornalismo, percorre in maniera sempre più approfonditamente e competente le strade della critica musicale, pubblicando numerosi articoli su jazzisti contemporanei e prediligendo, spesso, giovani talenti emergenti. Ama seguire il jazz, blues e fusion e contaminazioni.

Previous Story

Son of the Sun, Onorato: ecco perché mi sento figlio del sole