Liliana, la donna che si uccise per amore di Totò

La soubrette è sepolta nella cappella dei de Curtis. Incuriosita dalla fama di artista e di sciupafemmine, andò a trovare il Principe della risata al Teatro Nuovo, e invitò lui a un suo spettacolo al Santa Lucia. Tra i due in breve nacque una passione che durò tre mesi, condita da litigi e gelosie.

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“Una sera, chissà perché, ero di cattivo umore e, come dire, non sono stato proprio gentile con lei; ma niente di straordinario, eh? Le ho detto solo di lasciarmi in pace e che non ne avevo voglia. E mi ha lasciato in pace sul serio, anche troppo. Un tubetto di Veronal: morta. Chi l’avrebbe immaginato? Manco pa’ capa!” (Antonio De Curtis)

 

Roma. La sera del 13 aprile 1967 (aveva 69 anni), Totò rientrando a casa con la sua Mercedes, dice all’autista: “Stasera mi sento una vera schifezza!”.

Una volta a casa, lamenta forti dolori allo stomaco. La compagna Franca Faldini chiama il suo medico, che gli prescrive una terapia e gli raccomanda di riposare. Il giorno 14 passa tranquillo. Lui e Franca parlano fitto fitto e fanno progetti per il futuro, in particolare per l’estate che si avvicina e che intendono trascorrere a Posillipo. La sera mangia una minestrina e una mela cotta, ma subito dopo gli prendono tremori, sudorazione, un formicolio al braccio sinistro e Franca capisce trattarsi del cuore. Chiama così la figlia Liliana, il suo segretario, il medico curante, il cardiologo, che gli somministra dei cardiotonici, ma Totò non migliora. Alle due di notte (siamo al 15 aprile) dice al cardiologo: “Professò, vi prego, lasciatemi morire, fatelo per la stima che vi porto. I dolori mi dilaniano, meglio la morte.” Al cugino-segretario, invece, raccomanda: “Edua’, ricordati la promessa di riportarmi a Napoli”. Muore alle 3,30.

Quando, alle 16 e 30 del 17 aprile la salma giunge a Napoli, trova migliaia di persone ad aspettarla ed applaudire. Tremila nella Basilica del Carmine Maggiore, altre centomila nella piazza antistante. Alcune si sentono male per aver visto Totò vivo! Non è altri che Dino Valdi, suo sosia che per tanti anni gli ha fatto da controfigura. In chiesa Nino Taranto pronuncia le sue parole di commiato: “I tuoi napoletani, il tuo pubblico, è qui. Ha voluto che il suo Totò facesse a Napoli l’ultimo ‘esaurito’. Solo che tu, maestro di buonumore, stavolta ci stai facendo piangere tutti. Questa tua Napoli affranta dal dolore vuole farti sapere che sei stato uno dei suoi figli migliori e non ti scorderà mai. Addio amico mio, addio Totò!”

Infine la sepoltura, a Poggioreale nella cappella di famiglia dei de Curtis, dove viene tumulato accanto al padre Giuseppe, alla madre Anna e a Liliana Castagnola.

Qualche giorno dopo, un capogruppo del Rione Sanità, dove Totò è nato, ottiene dalla figlia Liliana il permesso di celebrare un secondo funerale, senza bara.

Ma chi era Liliana Castagnola, che ancora giace nella cappella dei de Curtis, accanto a Totò?

“È morta, se n’è ghiuta ‘n

Paraviso!

Pecché nun porto ‘o

lutto? Nunn’è cosa

Rispongo ‘a gente e faccio

‘o pizzo a riso

Ma dinto ‘o core è tutto

N’ata cosa!”

Scritta da Totò per Liliana

Liliana era il nome d’arte. In realtà il suo vero nome  era Rosa Natalina, detta Eugenia. Nata a Genova nel 1898 da un padre verniciatore e una madre libraia. Fu quest’ultima a inculcare nella figlia l’amore per i libri, l’arte, lo spettacolo. All’età di appena 16 anni, sposò un costruttore di pavimenti di nome Umberto Colonnello e gli diede un figlio che chiamarono Giovanni. Ben presto però Eugenia mise a fuoco la sua forte attitudine per il canto e il ballo, nonché il suo amore per lo spettacolo. Si separò dal marito ed intraprese la fortunata carriera di soubrette, che la portò a spostarsi continuamente. Ogni volta che poteva, però, tornava a Genova per stare col figlio…  Una donna caparbia, anticonformista, esuberante, volitiva.

In Francia si fece conoscere oltre che per la sua bravura d’artista, per avere con le sue grazie indotto due marinai a duellare. Fu espulsa. Un altro episodio narra che un giorno a Montecatini mentre era immersa nella vasca da bagno fu raggiunta da due colpi di pistola sparati per gelosia da un imprenditore milanese, che poi ritenendola morta si suicidò. In realtà Liliana fu colpita ma non a morte, anche se dovettero estrarle un proiettile dal cranio. Le rimase una cicatrice alla fronte, anch’essa colpita ma di striscio, per nascondere la quale portò sempre la frangetta, e grata per lo scampato pericolo, finché fu in vita ogni anno nel giorno dell’anniversario dell’aggressione, fece donazioni ad artisti in difficoltà. Le residuarono anche perniciosi mal di testa, per cui cominciò a fare uso di barbiturici e in due diverse occasioni rischiò di morire di overdose. L’uso di barbiturici, inoltre, le causava sbalzi d’umore a volte ingestibili. Passava dall’euforia per il successo dei suoi spettacoli alla tristezza, alla malinconia.

Di ritorno dalla Francia, comunque, la sua fama a livello nazionale crebbe. Si esibiva ogni sera nei grandi teatri italiani, guadagnando spesso le copertine delle più importanti riviste di spettacolo. Aveva una bellissima voce che tanto affascinava il pubblico, inoltre disegnava per se stessa abiti stupendi. Il più famoso, quello che indossava quando cantava ‘Abat-jour’, era decorato con lampadine illuminate. Vanto delle sue esibizioni, l’attenzione alle componenti visive e scenografiche, che la resero un’artista quotata non solo presso il pubblico, ma anche la critica.

A Napoli, Liliana conobbe Totò. Lui aveva 31 anni, ed era già il Principe della risata, lei 34 e un po’ pativa l’inizio del declino. Incuriosita dalla sua fama di artista e di sciupafemmine, andò a trovarlo al Teatro Nuovo, e invitò lui a un suo spettacolo al Santa Lucia. Tra i due in breve nacque una passione che durò tre mesi, condita da litigi e gelosie. Lei, logorata dalla solitudine e dall’infelicità, immaginò che lui potesse essere il suo ultimo amore e compagno di lavoro.

A casa De Curtis fioccavano lettere anonime che parlavano di infedeltà di Liliana. E lettere anonime arrivavano al principe Giuseppe. Cosa aspettava? Voleva anche lui un figlio morto in un duello oppure suicida?

Sta di fatto che questa volta Liliana si era innamorata, e progettava di lavorare con Totò al Teatro Nuovo, dunque lo asfissiava, e lui cominciava a rendersi conto di essersi cacciato in un pasticcio. Tra l’altro, pur giudicandola brava, non la reputava adatta per una collaborazione professionale. Spaventato dunque dal sempre crescente ardore  della donna, mentre il suo si era già estinto, dopo un ennesimo litigio, questa volta in taxi, senza nemmeno rispondere alle sue ultime lettere accettò di essere scritturato da Cabiria. La mattina dopo si apprestava a partire per Padova quando fu raggiunto dai Carabinieri, che lo accompagnarono nella stanza alla Pensione degli artisti in via Sedil di Porto, una stradina di piazza della Borsa. Accanto al suo cadavere, un tubetto di sonniferi vuoto, e due lettere per Totò, dove gli ribadiva il suo eterno amore.

“Antonio… Mi hai fatta felice o infelice? Non so. In questo momento mi trema la mano… ah se mi fossi vicino. Mi salveresti, vero?… Antonio, sono calma come non mai. Grazie del sorriso che hai saputo dare alla mia vita grigia e disgraziata. Non guarderò più nessuno… Te lo avevo giurato e mantengo la promessa. Stasera, rientrando un gattaccio nero mi è passato dinnanzi. E ora, mentre scrivo, un altro gattaccio nero, giù nella strada, miagola in continuazione. Che stupida coincidenza, vero?” tua Lilia.

Totò rimase sconvolto. Il fatto che avesse avuto molti uomini prima di lui non gli aveva fatto comprendere la profondità del suo amore. Baciandola un’ultima volta, dichiarò di volerla seguire nella tomba. Poco dopo, di volere farsi frate, cose che non fece, ma di sicuro questo evento segnò tutta la sua vita ed acuì la malinconia giù insita nel suo temperamento. La fece seppellire nella sua cappella di famiglia e diede il suo nome alla figlia che tre anni dopo gli nacque.

Conservò le sue lettere e un fazzoletto sporco di rimmel,  con cui immaginò avesse asciugato le ultime lacrime versate per lui. Fazzoletto che dopo la morte di Totò Franca Faldini, compagna dei suoi ultimi quindici anni di vita, dichiarò di avere bruciato.

Norma D'Alessio

Di mestiere pediatra. Per ulteriori impegno e passione: scrittrice, giornalista, editor. Il suo sito:www.normadalessio.it

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