Pignataro, il testamento morale e civico di una toga dialogante

Giurista cattolico, aperto alle conquiste di una società spesso smarrita ma da guidare con la forza di intramontabili valori civili. Raccontiamo, a dieci anni dalla morte, l'impegno giudiziario, civile e religioso dell'uomo che fu tra i fondatori del Tribunale di Nocera Inferiore, con le parole del nipote umanista che ne ha recuperato e ne rilancia gli insegnamenti

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Due ali di folla che lo applaudono durante la sua ultima “passeggiata ” negli spazi del Tribunale di Nocera Inferiore: è questo il primo ricordo che ho di mio nonno, scomparso dieci anni fa a 84 anni.  Nell’ottobre 1993 era stato tra i fondatori, insieme al collega Mario Consolazio, del Tribunale di Nocera Inferiore, prima di diventarne presidente.

Due ali di folla, nel mio ricordo di bambino di 7 anni, erano pronte a omaggiare il presidente Pignataro che terminava il suo servizio alla Magistratura dopo oltre quarant’anni di servizio;  servizio che incominciò come Pretore nella lontana Orzinuovi nel 1959.

Dell’inaugurazione del Tribunale di Nocera, che ancora oggi è valido baluardo della giustizia nel territorio campano, ho avuto occasione, non molto tempo fa, di recuperare il notevole servizio giornalistico realizzato da Rta (Radio Tele Agro) a cura del compianto Gennaro Corvino e, grazie al suo sapiente racconto di raffinato cronista, ho potuto realizzare l’alta caratura dei colleghi magistrati che costituivano, seppur molto giovani, fulgidi esempi di professionalità. Colleghi che, in quel 1993, ne condivisero il progetto arduo e a tratti visionario (“Molti colleghi, nei giorni precedenti l’inaugurazione che avvenne alla presenza dell’allora Ministro della Giustizia Giovanni Conso, mi dicevano che vi erano persino tavoli e sedie per sedersi”-ricordava) e che, nel corso degli anni della presidenza di Stefano Pignataro, portarono ad evidenti risultati sia dall’aumento in tempi rapidi di organico che di efficienza giudiziaria.

Due ali di folla, dicevo, con volti confusi; volti che poi, chissà, erano gli stessi che avrei incontrato una o più volte negli anni in diversi e variegati contesti arricchendomi di consigli, di aneddoti e di preziose esperienze di vita.

Parto dalla fine (della sua carriera) che è, per me, un inizio. Il termine della carriera di mio nonno in Magistratura coincide con l’inizio del mio percorso familiare, culturale ed esistenziale con lui. Non avendo potuto, per ragioni anagrafiche, conoscere e vivere appieno la carriera giudiziaria di mio nonno, ho compensato per quasi un ventennio con il nonno intellettuale, bibliofilo, melomane. La cultura e la bramosia del sapere, della ricerca e della conoscenza  sono unitamente connessi ai fattori che ne hanno caratterizzato la carriera e che sono stati avvalorati dai ricordi di chi, prima e dopo la sua scomparsa, ne rammenta e ne rimpiange l’onestà, la rettitudine, l’alta statura morale e la sua cultura per la legalità. Questi valori, essenziali e comuni ad ogni uomo di buona volontà, trovavano, nell’indole di mio nonno, una rapida messa in pratica nella sua esistenza perché l’ideale ed il concreto modus vivendi del presidente Pignataro rifuggeva ogni ipocrisia ed era scevra da ogni compromesso ed il suo esprimersi non andava mai verso un’eccessiva verbosità anche quando si doveva pronunciare su argomenti delicati che meritavano una notevole concentrazione o dissertazione.

“Sia il tuo parlare si o no, il resto viene dal maligno”- questa massima evangelica era, a mio umile parere, uno degli elementi che caratterizzavano il suo agire.

“Spesso le parole servono a nascondere la verità” – scriveva S.E. Mons. Guerino Grimaldi nel suo saggio “Il Pane del Cielo“, raccolta dei suoi articoli pubblicati su Agire. Lo storico Arcivescovo di Salerno, a cui mio nonno era legato da stima ed affetto, esortava il credente ed il lettore a valorizzare le parole come migliore preparazione alla conoscenza della Parola”. L’importanza della parola, della bella parola arricchita ed affinata dalla conoscenza, dalla lettura e mai offuscata dalla volgarità, è un suo insegnamento che mi porto dentro.

Ho ricordato il rapporto di mio nonno Stefano con Mons. Grimaldi non a caso, simbolo di un impegno e di una militanza cattolica ed intellettuale che poneva al centro l’individuo come mente critica nelle scottanti questioni dell’Italia contemporanea in anni come quelli  in cui vi era fervore di ricerca e di confronto su temi altamente divisivi. Anche nella sua militanza cattolica cinquantennale la lettura, la ricerca costante e l’approfondimento erano constanti della sua operosità. “Fare quel di più che caratterizza” o “lasciarsi guidare da chi ne sa più di te” – sono insegnamenti che ognuno di noi ha perennemente sentito o appreso come spugna da chi considera Maestro. Una morale kantianamente radicata con un’incrollabile fede che rifiutava ogni sorta di relativismo culturale non accettando una chiusura o una non disponibilità al dialogo, ma, al contrario, partendo dal proprio scibile radicato. Su questo, credo che mio nonno sia stato molto attratto da Papa Benedetto XVI di cui ammirava la smisurata cultura e l’amore per la ricerca.

La sua cultura cattolica e teorica l’ha riversata in quell’impegno sociale ed istituzionale, dai Tribunali all’Azione Cattolica alla politica che ne hanno fatto quel “cattolico coerente” come ancora oggi viene ricordato e che si sposa con una frase di Paolo VI ripetuta anche da S.E. R. Mons. Gerardo Piero nella messa esequiale che celebrò dieci anni or sono, che voleva nel nostro tempo “testimoni più che di profeti”.

Sarebbe davvero arduo riassumere i numerosi aneddoti, ricordi e lezioni che mi ha consegnato mio nonno. Il formare di una coscienza civile, tema da lui molto approfondito negli anni, era una sorta di formazione automatica delle coscienze che sarebbe automaticamente scaturito da un buon governo ma con un accorgimento essenziale; il cittadino come parte attiva e non meramente passiva a questo processo culturale.

Come moltissimi che hanno avuto la fortuna di avere i nonni come maestri riaffiorano ricordi e concetti che diventano persone, storie, volti che costituiscono un proprio entroterra culturale. Il maestro che impara a sua volte dal maestro, lo ammira ma che non lo imita come affermava Victor Hugo. Forse, tra i diversi e numerosi che hanno contribuito alla formazione di mio nonno, egli aveva come guida il compianto notaio Adolfo Alfredo Trotta, in futuro anche prolifico scrittore, che gli ricordava almeno ogni due giorni mentre passava sotto casa sua nella loro Pagani che occorreva subito “andare a casa a studiare perchè vi era tempo per passeggiare”.