Marketing verde, l’imbroglio di un paradigma per continuare la crescita infinita su un pianeta finito

I pannelli solari da balcone, le pale eoliche da giardino nonché l’eterno “cotone organico” venduti a pochi Euro fanno vendere di più. E così, ci convincono che il problema siamo noi che lasciamo la luce accesa, non quelli che trivellano, inquinano e distruggono.

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Quello che è successo ad agosto sulla Riviera romagnola italiana, non è colpa del signor Rossi che guida una Panda di 35 anni fa, anche se ce lo vogliono far credere; il vero problema è un paradigma produttivo nato nell’Ottocento, cresciuto nel Novecento e mai andato in pensione, quello che predica una crescita infinita su un pianeta finito, che consuma risorse come se fossero noccioline e che considera la natura poco più che un deposito a cielo aperto.

Un modello antiquato, che però continua a dominare: miniere, trivelle, disboscamenti e industrie belliche funzionano ancora con le stesse logiche di un secolo fa. Solo che adesso non si gioca più in Europa o negli Stati Uniti, ma in cortili lontani da casa del capitalismo: Africa, Sudamerica, Sud-est asiatico. Si promette sviluppo, si vendono fabbriche, si installano centrali a carbone e si sradicano intere foreste per far posto a piantagioni monoculturali… È come se un medico curasse la polmonite con una pezza calda: antiscientifico ma redditizio, perché così la malattia non passa.

Quel 2% che tiene il pianeta per la gola

Non è “la gente comune” a tenere in piedi il Dinosauro paradigmatico, ma un ristrettissimo gruppo, diciamo –esagerandoun 2% di gente che controlla circa l’80-85% della ricchezza mondiale.
Sono loro che decidono dove investire, cosa produrre, come sfruttare. Ma non lo fanno con pannelli solari, pale eoliche, etc..: continuano a scommettere su petrolio, gas, carbone, cemento e guerre. Perché mai dovrebbero cambiare? Il loro guadagno resta intatto e il costo ambientale scaricato su tutti.

E qui arriva il paradosso: mentre i super-ricchi volano con i jet privati da un continente all’altro come fossero taxi, a noi dicono di ridurre il consumo d’acqua, comprare auto elettriche, comprare elettrodomestici A+++ che producono loro, mentre sullo sfondo c’è l’altra grande fonte di guadagno:

Le guerre: il vero pozzo nero del mondo

Se parliamo di clima, c’è un elefante nella stanza che nessuno vuole nominare: la guerra. Ogni conflitto è un festival dell’inquinamento.  I tank bruciano gasolio a morire, gli aerei da combattimento consumano tonnellate di carburante a ogni missione, le fabbriche d’armi producono acciaio, plastica, alluminio come se non ci fosse un domani, ogni deflagrazione è il festival del CO2.

Secondo le stime, l’apparato militare mondiale consuma più petrolio di molti Stati messi insieme. Eppure, nei grandi vertici sul clima, i dati militari vengono regolarmente esclusi dai conteggi ufficiali sulle emissioni. Che cosa strana, vero?

La colpa è sempre tua

Eppure, nonostante tutto questo, i media e la politica hanno trovato il colpevole perfetto: Tu. Se il pianeta si surriscalda, è colpa tua che prendi la macchina per andare a lavoro. Se le foreste spariscono, è colpa tua che mangi carne due volte a settimana. Se gli oceani si riempiono di plastica, è colpa tua che non metti il vasetto dello yogurt nella plastica: tutto vero, ma… Intanto, le grandi multinazionali del petrolio spendono miliardi in pubblicità “green”, mostrandoti famiglie sorridenti in auto elettrica e bambini che piantano alberelli. E tu ti senti in colpa perché hai fatto una doccia di dieci minuti invece di cinque.

È un’operazione di colpevolizzazione geniale: se tutti credono di essere responsabili individualmente, nessuno osa guardare in alto e oltre, verso chi prende davvero le decisioni.

Non basta cambiare auto, bisogna cambiare strada

E qui arriviamo alla verità scomoda. Non è con le auto elettriche, le cannucce di carta o le docce lampo che salveremo il pianeta. Non basta cambiare il veicolo: bisogna cambiare paradigma.

La transizione ecologica non può essere una foglia di fico che copre lo stesso vecchio modello di sviluppo. Servono scelte radicali: ridurre il consumo energetico globale, smettere di finanziare guerre e fossili, e investire in un paradigma nuovo, non nel restyling di quello vecchio: oggi non facciamo altro che riarredare il Titanic mentre sta affondando… perché stiamo affondando!

Il marketing “green” è la nuova truffa del capitalismo

Fino a qualche tempo fa anch’io pensavo che la strada “green” potesse salvare il pianeta. Poi dati alla mano la parola “green” è diventata un bollino tranello appiccicato su prodotti che nascondono la vecchia faccia del profitto sfrenato. Il vero problema è la truffa verde del capitalismo multinazionale.

Ha scoperto che i pannelli solari da balcone, le pale eoliche da giardino nonché l’eterno “cotone organico” venduti a pochi Euro fanno vendere di più. E così, ti convincono che il problema sei tu che lasci la luce accesa, non loro che trivellano, inquinano e distruggono. Un perfetto meccanismo di colpevolizzazione individuale seguito da una furba vendita di “soluzioni eco” che, guarda caso, sono tutte prodotte da loro. Dal SUV elettrico creato con litio e cobalto estratto in condizioni disumane, al detersivo bio fatto in fabbriche tossiche a basso costo. Ti senti a posto con la coscienza finché non ti accorgi che ti hanno fatto fesso perché ti hanno dato la vecchia minestra con coriandoli “verdi”.

Ma chi inquina davvero?… dati che fanno male (e smontano il greenwashing)

  • Sono solo 36 grandi le compagnie fossili responsabili di oltre la metà delle emissioni globali di CO₂ da combustibili fossili e cemento nel 2023 (The Guardianorg).
  • I conflitti armati sono veri sterminatori climatici: solo la guerra in Ucraina ha generato 175 milioni di tonnellate di CO₂, equivalenti alle emissioni annuali di un Paese come l’Olanda (Reuters)
  • Se poi si parla di smaltire distruzione, come nella striscia di Gaza, il verde svanisce: soltanto lo spostare e macinare macerie ha prodotto oltre 90.000 tonnellate di CO₂, con mezzi antiquati e un impatto che durerà decenni (The Guardian)
  • Le forze militari mondiali sono responsabili di circa il 5,5 % delle emissioni globali, più di quanto generato da tutto il traffico aereo e navale insieme; eppure, sono ancora un “blind spot” nei conteggi ufficiali: non se ne parla. (The Guardian) (ips-journal.eu) (Scientists for Global Responsibility)

Solo i paesi della NATO sommati hanno generato 233 milioni di tonnellate di gas serra nel 2023, più di quelle prodotte ogni anno da nazioni come Colombia o Qatar (The Guardian+1)… Il Pentagono, da solo, è tra i maggiori emettitori istituzionali del pianeta; se fosse un paese, emetterebbe quanto l’India, con quasi 4.000 MtCO₂eq prodotti tra il 1979 e il 2023 (The Guardian)

La ricchezza è in mano a pochi, ma il prezzo lo paghiamo tutti

…Spesso due volte: prima con le bollette e poi con le catastrofi ambientali. E mentre ci fanno litigare se dobbiamo comprare un’auto elettrica cinese o no, i grandi continuano indisturbati col loro modello industriale novecentesco, anzi incentivandolo: Trump non solo ha fatto uscire gli USA dall’Accordo di Parigi, ma ha anche tagliato i finanziamenti al Green Climate Fund, perché “costoso per l’America”. In pratica: la casa brucia, ma lui toglie i soldi ai pompieri.

Il paradosso è tutto qui: la ricchezza è in mano a pochi, il prezzo lo paghiamo tutti… ricordate che Trump ha ricevuto in regalo mesi fa un aereo da 450 ml $ dalla famiglia reale petrolifera del Qatar?

Se avevate dubbi, ora la cosa è ancora più chiara di prima. (ReutersThe Guardian).

Carlo De Sio

Laureato in Scienze Politiche ed Economiche, con Master in Psicologia Sociale e Pubbliche Relazioni, quando ancora servivano a qualcosa. Ex pubblicitario pentito, esperto di marketing prima che diventasse una parola senza senso. Giornalista curioso per mestiere, pittore digitale per sopravvivenza emotiva. Ho vissuto i Caroselli veri e ora analizzo quelli truffaldini. Scrivo per chi ha ancora due neuroni e una sana diffidenza per il coro pubblico. Questo è il mio chiringuito mentale: se chi mi legge cerca miracoli, cambi grappa. Qui si serve solo pensiero liscio.

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