La poetessa peruviana Giovanna Pollarolo premiata a Salerno: la sua poesia, tra viaggio, radici e voce femminile, dialoga con l’eredità di Alfonso Gatto.
«Se mi tornassi questa sera accanto
lungo la via dove scende l’ombra
azzurra già che sembra primavera,
per dirti quanto è buio il mondo e come
ai nostri sogni in libertà s’accenda
di speranze di poveri di cielo,
io troverei un pianto da bambino
e gli occhi aperti di sorriso, neri
neri come le rondini del mare.
Mi basterebbe che tu fossi vivo,
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno.
[…]»
(Alfonso Gatto, A mio padre, da “La storia delle vittime” 1945)
Esiste un filo sottile che lega Alfonso Gatto e Giovanna Pollarolo: la comune capacità di trasfigurare la nostalgia in parola, di fare della memoria non soltanto un ricordo, ma una forma consapevole di resistenza e di identità. Entrambi hanno abitato la poesia come un luogo di passaggio — tra vita e morte, tra origini e destino, tra Sud e Sud del mondo.
Gatto, poeta del mare e dell’assenza, scriveva con la voce di chi ha conosciuto la perdita e ne ha fatto canto; Pollarolo, figlia di migranti liguri in Perù, intreccia nei suoi versi la lontananza e il ritorno, la rabbia e la dolcezza di chi porta in sé due patrie, due lingue, due nostalgie. Nei versi di A mio padre, il poeta salernitano implora un ritorno impossibile, un abbraccio che sopravvive solo nella parola.
Nella poesia di Pollarolo, quel ritorno diventa possibile attraverso la scrittura, che riannoda il filo spezzato della storia familiare e lo tende verso il presente. In entrambi, la poesia non è mai solo esercizio estetico, ma un atto di vita, una forma di dialogo con ciò che resta e con ciò che manca.
La poesia come ritorno
La celebrazione del Premio Internazionale di Poesia “Alfonso Gatto” 2025 rinnova, come ogni anno, un legame profondo tra la poesia e la città di Salerno, terra natale del poeta. Da oltre cinquant’anni questo appuntamento rappresenta un ponte tra memoria e contemporaneità, mantenendo viva la voce di Gatto e la sua visione della poesia come spazio di incontro e di umanità condivisa.
Dal 2014 il premio, organizzato dalla Fondazione Alfonso Gatto in collaborazione con il Dipsum (Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Salerno), ha l’obiettivo di far dialogare lingue, culture e sensibilità diverse attraverso la traduzione e la ricerca poetica.
Il riconoscimento quest’anno è stato assegnato alla poetessa peruviana Giovanna Pollarolo, scelta per le profonde consonanze con l’universo poetico di Alfonso Gatto: il viaggio, l’altrove, la memoria migrante. Figlia di una famiglia di origine genovese emigrata in Sud America agli inizi del Novecento, Giovanna Pollarolo ha riconosciuto in questa premiazione non soltanto un tributo letterario, ma un gesto di ritorno: un modo per riannodare il filo delle proprie radici e rendere omaggio ai nonni e ai genitori che avrebbe voluto presenti, come se attraverso la poesia potessero assistere al compimento del loro viaggio.
Rosa Maria Grillo, prof.ssa di Lingua e Letterature ispano-americane all’Università di Salerno, ha sottolineato il ruolo fondamentale dell’insegnamento e della traduzione come strumenti per avvicinare gli studenti alla poesia: «Non si può dire di aver capito un libro, finché non lo si traduce.
Tradurre non è soltanto cercare le parole giuste, ma costruire un discorso capace di restituire le intenzioni del poeta.» Gli studenti del laboratorio di traduzione della prof.ssa Grillo hanno partecipato attivamente al progetto, cimentandosi nell’elaborazione e nel confronto delle traduzioni dei versi di Giovanna Pollarolo finora editi. Un lavoro attento e corale, che ha permesso di cogliere la complessità della sua voce poetica e di misurarsi con le sfumature linguistiche e culturali che la caratterizzano.
Attraverso la traduzione, gli studenti hanno scoperto come la poesia possa diventare un luogo di incontro tra lingue e sensibilità diverse, un esercizio di ascolto e interpretazione capace di avvicinarli più profondamente all’essenza del testo poetico. In continuità con lo spirito di Alfonso Gatto, Pollarolo sta lavorando alla traduzione di alcuni testi inediti dello stesso, dedicati a poeti e artisti contemporanei: componimenti densi di umorismo, di giochi linguistici e di raffinati equilibri espressivi, che verranno presto pubblicati in edizione bilingue.
Il dott. Nicolas López Pérez ha descritto le poesie della Pollarolo come versi che «ti danno un sospiro, te lo tolgono e poi te lo restituiscono con qualcosa di nuovo», sottolineando la capacità della poetessa di usare una lingua semplice, ma densa di risonanze, capace di portare il lettore fuori dal mondo, come una finestra nascosta in un’altra.
El sueño del bodeguero, El principio, Yo fui tu inasible, A veces ocurre: nei versi della poetessa, l’esperienza individuale si fonde con la memoria collettiva, tracciando un intreccio continuo tra passato e presente. Alcuni termini, lasciati in spagnolo e indicati in corsivo, conservano intatta la musicalità originaria e la forza evocativa della lingua, rendendo ogni parola un ponte tra radici e orizzonti lontani.
Una voce che attraversa il tempo
Filippo Trotta, presidente della Fondazione Alfonso Gatto, ha ricordato come il poeta stesso, alla fine degli anni Sessanta, definisse la poesia spagnola «il fronte più avanzato della poesia europea», un’affermazione che oggi trova nuova conferma nel dialogo tra la tradizione italiana e la sensibilità sudamericana. «Il Sud America – ha osservato Trotta – offre un livello poetico di avanguardia, nel senso più autentico e originario del termine: uno sguardo diverso, preciso, necessario».
Il Premio di Poesia “Alfonso Gatto” si conferma non solo come un evento culturale, ma come autentico atto di continuità poetica, capace di tessere fili invisibili tra le rive del Mediterraneo e quelle dell’America Latina, attraverso la traduzione, la memoria e la parola. Esso rappresenta un luogo simbolico in cui le lingue dialogano, le storie individuali incontrano la storia collettiva e la poesia diventa strumento di resistenza, riflessione e rinascita. Un premio che, come scriveva lo stesso Gatto, ci ricorda che «l’unica realtà che nella vita nega l’utopia è proprio la poesia, perché essa sa che l’uomo può arrivare a rendere meno abissale lo iato che esiste fra la vita del possibile e la contemplazione dell’impossibile.»

