Cosa è andato storto? E da quando? L’ultimo libro di Riccardo Luna (Qualcosa è andato storto. Come i social network e intelligenza artificiale ci hanno rubato il futuro, Solferino) parte da qui, da due domande apparentemente banali, che tutti noi ci poniamo sempre più spesso quando parliamo di tecnologia e innovazione. Non è semplice trovare una risposta; sarebbe più pratico rispondere con un’altra domanda: quando i bambini hanno smesso di sognare di diventare astronauti, cominciando a sognare una vita da influencer? La risposta, forse, sta nello spartiacque dei nuovi media che, da strumento di tech democracy, finiscono per diventare addirittura uno strumento insidioso per la democrazia.
Il libro di Luna – uno dei giornalisti più autorevoli in tema di innovazione, tecnologia e sostenibilità, primo direttore di Wired, oggi editorialista del Corriere della Sera – è un viaggio nel tempo (recente) dell’innovazione e ci aiuta a ripercorrere le tappe fondamentali dell’evoluzione tecnologica della contemporaneità. D’altronde non è passato tanto tempo da quando Nicholas Carr (2008) si interrogava su come Google avrebbe potuto modificare il nostro cervello, anche con la progressiva perdita di capacità di leggere e concentrarsi. Ma è passato ancora meno tempo dal 2010, quando Internet, anche sulla scorta della campagna Internet4peace, fu candidato al premio Nobel per la pace: Internet come arma di costruzione di massa. Ed è proprio sull’onda di quell’entusiasmo che anche in Italia Stefano Rodotà propone la modifica dell’articolo 21 della Costituzione, con la richiesta di aggiungere un comma che faccia espressamente riferimento a Internet. Sono gli anni in cui anche Papa Francesco ricorda che internet è un dono di Dio.
Però poi improvvisamente le cose sono cambiate: gli esponenti della Silicon Valley, da sempre fiore all’occhiello dell’innovazione e della tecnologia contemporanea, sono stati esibiti quasi come un trofeo in occasione del secondo discorso inaugurale della presidenza Trump, tutti in seconda fila. Ecco: cosa è successo in poco meno di quindici anni? È accaduto che Google ha ribattezzato Golfo d’America il Golfo del Messico, come richiesto dal presidente degli Stati Uniti; che Facebook – piattaforma nata per re-incontrare vecchi amici – si è trasformata in discovery engine, un motore che fa scoprire agli utenti contenuti non richiesti, non legati alla rete di contatti ma che potrebbero piacere. Facebook cambia anche sull’onda delle novità portate da TikTok nel mondo social. Proprio il social di origine cinese, piattaforma preferita dai giovanissimi che sembra originare in noi la perdita (totale) del senso del tempo, determina alcuni dei profondi cambiamenti che attraversiamo oggi. Viviamo oramai gli anni dell’algoritmo che, senza fact checking (fine annunciata a gennaio 2025), o anche con la partita truccata del fact checking (negli anni precedenti), favorisce notizie false per aumentare l’engagement. Ed è qui che, come ricorda Luna, ci rendiamo conto che ci sono aziende che hanno sviluppato un modello di business che si fonda sulle vulnerabilità dell’uomo (egoismo e narcisismo, tanto per fare un esempio).
Ci attendono anni bui? Non è tutto compromesso: siamo ancora in tempo per cambiare il futuro.

