Lessico famigliare, il linguaggio quotidiano che si trasforma in racconto universale

Lo stile di Natalia Ginzburg è limpido, essenziale, preciso. Riesce a raccontare con una profondità psicologica rara le complessità dei rapporti umani e le sfumature della vita

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Oggi ci addentreremo nel mondo di  Natalia Ginzburg  e  del suo “lessico famigliare”.

L’ autrice nasce a Palermo nel 1916 in una famiglia di intellettuali ebrei: suo padre Giuseppe Levi, un medico di fama, e sua madre un’antropologa. Cresce in un ambiente culturale stimolante e complesso, che influenzerà profondamente la sua formazione personale e la sua scrittura. Dopo aver studiato Lettere a Torino, inizia a farsi conoscere come scrittrice in un clima politico aspro e difficile: l’Italia fascista, che segnerà in modo drammatico la sua vita e quella della sua famiglia.

La persecuzione antisemita e il clima di terrore della guerra lasciano un segno indelebile in Natalia, che vive personalmente la tragedia della perdita del marito Leone Ginzburg, uno degli intellettuali più coraggiosi e impegnati nella Resistenza, arrestato e ucciso dai nazisti nel 1944. Questo dolore, vissuto con intensità e profondità, diventerà un filo conduttore delle sue opere, attraversate da una scrittura sobria, autentica, capace di trasmettere emozioni forti senza mai indulgere al sentimentalismo. Nel corso della sua lunga carriera, Natalia Ginzburg ha esplorato diversi generi letterari: romanzi, racconti, saggi e testi teatrali. Il suo capolavoro è senza dubbio Lessico famigliare (1963), un memoir che racconta con ironia, tenerezza e acutezza la storia della sua famiglia e il contesto politico e culturale dell’Italia fascista e del dopoguerra. Il libro è diventato un classico della letteratura italiana proprio per la sua capacità di trasformare il privato in universale, rendendo ogni lettore partecipe di un’esperienza condivisa di amore, dolore e memoria. Altre opere fondamentali includono È stato così (1947), il suo primo romanzo, che affronta le difficoltà della guerra e la sfida della ricostruzione morale e sociale; e La famiglia Manzoni (1983), in cui con sensibilità analizza i legami familiari e le tensioni tra generazioni, inserendoli in un quadro storico più ampio e complesso.

Lo stile di Natalia Ginzburg è limpido, essenziale, preciso. Riesce a raccontare con una profondità psicologica rara le complessità dei rapporti umani e le sfumature della vita quotidiana. La sua scrittura è una ricerca continua della verità, una testimonianza di onestà intellettuale e umana che si riflette anche nel suo impegno civile e politico. Nel dopoguerra partecipa attivamente al dibattito culturale italiano, convinta che la letteratura debba essere un mezzo per riflettere la realtà e dare voce alla condizione umana. Oltre alla letteratura, Natalia è stata anche una figura pubblica di rilievo: ha ricoperto incarichi istituzionali, tra cui la carica di deputata, sempre con lo stesso spirito di rigore morale e passione civile che contraddistingue la sua opera letteraria.

Muore a Roma nel 1991, ma lascia un’eredità preziosa che va ben oltre i libri. La sua voce continua a parlare alle nuove generazioni, testimoniando la forza delle relazioni umane, l’importanza della memoria storica e la necessità di un impegno culturale fondato sulla verità e sull’onestà.

Leggere Natalia Ginzburg significa entrare in un mondo fatto di delicatezza e forza insieme, un invito a guardare dentro le pieghe nascoste della vita quotidiana, a capire che nella semplicità si nasconde spesso la più grande complessità umana.

“Lessico famigliare”  è una storia che parla di:

“la vita quotidiana della famiglia Levi-Tanzi, dominata dalla figura del padre Giuseppe. In parte, si tratta di una cronaca ironico-affettuosa della famiglia dagli anni ’20 ai primi anni ’50, che mette in luce abitudini, comportamenti e soprattutto la comunicazione linguistica, da cui prende il titolo. Personaggi ed eventi si succedono senza ordine gerarchico, presentandosi da sé e vivendo attraverso gesti e parole. Particolare attenzione è riservata alla madre e ai fratelli, soprattutto nel contesto del fascismo. Il racconto comprende inoltre episodi drammatici, collocati principalmente nel periodo fascista e nel secondo dopoguerra, come l’impatto delle leggi razziali, il confino dell’autrice in Abruzzo, l’uccisione del marito Leone Ginzburg per attività antifascista, fino al suicidio di Cesare Pavese e alla disillusione rispetto alla Resistenza.”

COMMENTO

Lessico famigliare è una cronaca della famiglia di Natalia Ginzburg, raccontata attraverso espressioni, modi di dire, filastrocche, storielle, aneddoti e altri elementi linguistici che rendono ogni famiglia un microcosmo unico e irripetibile. Per l’autrice, l’accesso alla sua famiglia avviene attraverso questo “lessico famigliare”: il lettore entra in confidenza con l’ottimismo della madre, che canta in giro per casa “Io sono Don Carlos Tadrid”; con le zuffe tra fratelli, che si risolvono in scherzi come “il baco del caco del malo”; con le lamentele della nonna per il “bordello di tutto” in casa; e con i rimproveri del padre autoritario, che dà dell’“asino” o del “sempio” a chiunque, orgoglioso soprattutto dell’antifascismo militante dei figli. L’impegno antifascista dei Levi permette alla dimensione privata di intrecciarsi con quella politica e sociale, dal primo dopoguerra allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Tuttavia, sono sempre i dettagli della vita quotidiana e della memoria intima a dare spessore ai personaggi: così, personaggi illustri come Adriano Olivetti, Felice Casorati o Filippo Turati vengono ritratti attraverso piccoli gesti, impressioni e caratteristiche quotidiane, rendendo la storia familiare viva e concreta.

 

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