Nel 2014 un articolo che parlava di “foresight specialist” mi colpì poiché riportava l’affermazione di questi scienziati: in un prossimo futuro i browser sarebbero stati superati da un software che avrebbe messo in condizione tutti di fare ricerche e avere risposte senza si perdesse tempo a scavare nel web. Al solito ci furono perplessità e qualche battuta di spirito, si ripeté la pantomima di chi non vede il futuro; accadde, in piccolo, come quando Nìkola Tesla nel 1920 affermò che entro ’70-80 anni avremmo portato in tasca un oggetto per comunicare, vedere immagini, informarsi, ricercare, pagare…
Il mestiere del futurologo, o foresight specialist, è un lavoro tanto affascinante quanto controverso, a volte ridicolizzato. Costantemente in bilico tra la previsione e interpretazione, questi esperti studiano le tendenze economiche, tecnologiche, sociali e ambientali per suggerire scenari possibili.

Ma questi scienziati come immaginano il post 2030? Come si pongono verso un mondo spesso scettico nei confronti delle loro ipotesi? La risposta la sintetizzò anni fa Michio Kaku: “Non prevediamo il futuro, ma esploriamo futuri possibili”, questo il manifesto della loro missione che nulla ha a che vedere con la visione deterministica della predizione di maghi, indovini ed astrologi; il loro approccio si basa su scenari multipli, ciascuno costruito su dati e proiezioni. Il mondo che verrà per essi non è una strada dritta ma un intreccio di bivi attraversati a loro volta da variabili inaspettate: conflitti geopolitici, movimenti demografici, cambiamenti climatici, sono solo alcune delle forze che plasmano il mondo…a loro volta, poi, spesso forgiati dalle tecnologie dirompenti… un bel guazzabuglio!
Tra gli eventi più temuti dai futurologi ci sono proprio le tecnologie dirompenti (disruptive technologies) ossia quelle innovazioni che hanno il potenziale di trasformare radicalmente la società, che cambiano totalmente il modo in cui le persone, le aziende o i mercati funzionano, introducendo nuovi standard e sostituendo tecnologie, prodotti o servizi preesistenti… a volte addirittura creando nuovi paradigmi che sconvolgono equilibri consolidati.
La cosa bizzarra, in sé molto interessante, è che queste nascono spesso come soluzioni semplici o poco costose; inizialmente sembrano non poter competere direttamente con i prodotti esistenti… poi, se portano qualche miglioramento o possibilità prima inimmaginabili o difficili da raggiungere, ci si accorge che causano il rapido declino di settori tradizionali e quindi impongono ai consumatori, alle imprese e ai governi di adattarsi rapidamente.
Di esempi ce ne sono a bizzeffe, per assuefazione li rimuoviamo ma sono sotto i nostri occhi:
Internet: Ha trasformato radicalmente il modo in cui comunichiamo, lavoriamo, facciamo acquisti e ci informiamo; oggi non c’è più traccia del mondo analogico di 25 anni fa, è facile ricordare le file che si facevano agli sportelli bancari, oggi le banche sono quasi vuote.
Smartphone: Hanno reso obsoleti dispositivi come fotocamere, lettori MP3 e GPS, telefoni fissi, calcolatrici e altro come agende, penne, taccuini appunti, posta cartacea, carta fotografica.
Blockchain: Hanno cambiato il modo in cui vengono gestite le transazioni, mettono in sicurezza la fiducia e la proprietà digitale (con criptovalute, smart contract).
Stampa 3D: da strumento creativo e di svago, è divenuto un nuovo modo di produrre oggetti, oltre che abbattere costi e tempi per la produzione delle matrici dei costosissimi stampi.
In questo primo quarto di XXI secolo…
Le tecnologie dirompenti portano nella società sempre impatti nuovi in ambito economico, sociale ed ambientale, e anche se noi poveri mortali le abbiamo già metabolizzate, sono essenzialmente tre quelle che sono alla base della totale trasformazione della nostra vita:
L’Intelligenza Artificiale (IA); ce ne riempiamo la bocca solo da un anno, ma a nostra insaputa è al centro di tutto da almeno 10 anni: basti ricordare le traduzioni letterali di Google del 2010-15 e confrontarle con quelle odierne: oggi l’I.A. capisce il nostro testo, lo interpreta e lo traduce a senso compiuto… e dopo il 2030 potrebbe superare il livello umano in compiti complessi come la ricerca scientifica e la gestione di infrastrutture su larga scala. Questo non solo porterà a una maggiore automazione, ma richiederà anche una ridefinizione del concetto stesso di lavoro.
Il Metaverso; per chi la ricorda, oggi fa sorridere Second life di 15-20 anni fa, era poco più che un gioco; ma dopo il 2030 si immagina che questo universo digitale parallelo possa diventare un luogo di lavoro, svago e socializzazione. I gruppi di Musk, Bezos, Zuckerberg etc.., stanno già investendo miliardi di dollari nella creazione di spazi virtuali. Tuttavia l’adozione su larga scala del metaverso -dicono i futurologi- dipenderà dalla capacità di risolvere problemi legati a sicurezza e privacy.
Infine il cambiamento climatico e tutte le più importanti Tecnologie Dirompenti che girano intorno a esso. Dopo il 2030 il mondo sarà impegnato in una corsa contro il tempo per limitare i danni causati dall’aumento delle temperature globali. Da una parte tanta speranza è riposta nella fusione nucleare che promette energia illimitata e pulita, dall’altra alcuni futurologi esplorano la possibilità di utilizzare la geoingegneria per contrastare il cambiamento climatico, tecniche come la riflessione della luce solare tramite aerosol in stratosfera o la cattura e stoccaggio del carbonio potrebbero essere implementate su larga scala. Ma queste soluzioni tecnologiche non risolveranno l’inerzia politica che non affronta il fenomeno più dirompente collegato al clima: l’aumento delle migrazioni da aree svantaggiate causate dall’innalzamento del livello del mare, dalla desertificazione e dalle inondazioni da eventi meteorologici estremi; intere popolazioni saranno costrette a spostarsi verso aree temperate.
Insomma, vita dura per i foresight specialist, gli scienziati futurologi che hanno l’immane compito di indirizzare ricerca, sviluppo e politica verso lidi meno nebbiosi… ma sappiamo che la storia è piena di politici che dall’alto della loro sindrome di Dunning-Kruger ne sanno sempre più di loro ritenendoli niente di più che visionari: gli esempi sono tanti e neanche vale più la pena di citare le boutade (come definirle?) isteriche di Trump, toccherà affrontare sul serio la crisi climatica, i rischi della perdita dei posti di lavoro dovuta all’automazione e all’I.A., la cybersecurity, le tensioni geopolitiche… insomma tutte quelle cose di cui i futurologi ci stanno parlando da anni.