Teatro come urgenza di uno sguardo concreto e utopico: lezione-messaggio da Udine

Soltanto una costante ricognizione resa più maliziosa dal passare del tempo e dall’irrompere di nuovi fenomeni di scrittura può rendere giustizia ai tanti nomi che oggi sono dentro il processo creativo teatrale. Lo dimostrano in positivo quelle progettualità che hanno come assoluto asse centrale la ricerca e l’attenzione critica verso la drammaturgia. Decisamente come la Rassegna “Futuro Passato. Drammaturgia Contemporanea” diretta da Federico Bellini e Tommaso Tuzzoli, a cura dell’Associazione Culturale (t)naos nell’ambito del FESTIL che si è svolta ad Udine dal 6 all’8 dicembre

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Non è dato ancora scorgere se e quando si riscriverà, con maggiore spregiudicatezza e distanza, la storia della drammaturgia in Italia. Un percorso che si preannuncia sicuramente fecondo, anche perché volto inevitabilmente a un nuovo spiegamento di luci e ombre su autori e opere che meriterebbero successive frequentazioni critiche e soprattutto progettualità di rappresentazione scenica. Soltanto una costante ricognizione (capace di mettere assieme autori, studiosi, professionisti del teatro e organizzazioni culturali) resa più maliziosa dal passare del tempo e dall’irrompere di nuovi fenomeni di scrittura, può rendere giustizia ai tanti nomi che oggi sono dentro il processo creativo della drammaturgia. Lo dimostra, in negativo, la preoccupante orgia di poetiche elucubrate da nipotini o lontani sodali di grandi stilemi legati alla tradizione o una certa innovazione che dell’avanguardia ha soltanto l’esplosione della forma ma non quel fuoco sacro di chi davvero è avanguardia. Lo dimostrano, invece in positivo, quelle progettualità che hanno come assoluto asse centrale la ricerca e l’attenzione critica verso la drammaturgia. Decisamente come la Rassegna “Futuro Passato. Drammaturgia Contemporanea” diretta da Federico Bellini e Tommaso Tuzzoli, a cura dell’Associazione Culturale (t)naos nell’ambito del FESTIL che si è svolta ad Udine dal 6 all’8 dicembre.

Full immersion a Udine sulla nuova drammaturgia con occhio puntato su “Futuro Passato”

Festival che ha preso principio nella libreria Odòs, con un incontro tematico che si è focalizzato su alcuni temi (dal greenwashing ai grandi immaginari crossmediali, dall’emigrazione ai temi identitari, dalla violenza della guerra al capitalismo occidentale, dal metaverso digitale a Carlo Michelstaedter) che ritroveremo dentro le pieghe complesse e stratificate delle drammaturgie selezionate per le successive 5 preziosissime -ed attese- letture sceniche.

Il secondo giorno, negli spazi dell’udinese Teatro San Giorgio, eccole le prime tre letture sceniche (firmate da Federico Bellini).

  1. “Qualcosa che inseguiamo con rabbia. Dittico su Carlo Michelstaedter” di Jonathan Lazzini. Con Mirko Soldano, Aida Talliente e lo stesso Lazzini. Un duplice, voracissimo, viaggio nelle parole e nelle visioni del grande scrittore goriziano (morto suicida nel 1911 a soli 23 anni e padre nobile di tutta la filosofia che verrà). Un trionfo del corpo, un’esuberanza visionaria e dentro una parola che diventa uno strepitoso mash-up sapientemente citazionista e con una centralità di una fisicità, in particolare quella di Lazzini, che sa essere (come un’onda anomala) gioiosa e irrequieta e soave e autodistruttiva e assordante e bellissima!
  2. “Basta dire no” di Teresa Vila. Con Francesca Osso e Aida Talliente. Qui il tema caro a Carlo Michelstaedter supera la dimensione metaforica e diventa spazio fisico di un magistrale incontro reale e visionario tra l’autrice e Safa (immigrata siriana residente in Iraq con il sogno/speranza di arrivare in Europa). Un testo lucido e struggente, in egual tenzone. Capace di miscelare il crudo linguaggio burocratico con l’estremo respirare del poetico. Un dialogo reso in eccellente tensione espressiva dalle due protagoniste dentro un senso d’infinita lacerazione.
  3. “Peitho” di Irene Petra Zani. Con Federica Fracassi e Mirko Soldano, voce off di Jonathan Lazzini. La scelta drammaturgica in questo caso è di tradurre spaccati di vita e di pensiero del giovane Carlo e miscelarlo con dosaggi perfetti di scrittura dentro le tonalità icastiche ed epiche di Peitho che nella mitologia greca (quel “sentire la grecità” totalmente dentro il sangue e le viscere dello scrittore goriziano) è la Dea della Persuasione (e qui il dominio scenico della Fracassi è di totalizzante splendore). Anche in quest’opera trame, vissuti e storie s’intrecciano in una scelta teatrale di pura poesia.

Ed eccoci giunti al terzo giorno del nostro festival udinese. Altri due lavori della drammaturgia contemporanea in scena al San Giorgio.

  1. “Per la vita” di Francesca Garolla. Con Aida Talliente che ha anche curato la lettura scenica. Un monologo-vortice. Un assolo per voce unica. Un urlo fatto di memorie ferite, infanzia rubata, turbamenti assoluti e rifiuti. Uno spazio claustrofobico tra immobilità fisica (l’attrice è bloccata su una sedia a rotelle) e mentale (la solitudine, la sofferenza di una figlia cui la madre ha negato ogni autonomia). Una prova d’attrice importante su un testo che ha come snodo la violenza e la cancellazione della libertà.
  2. “Petricore” di Fabio Pisano. Con Francesca Osso, Jonathan Lazzini e Mirko Sodano. Lettura scenica di Federico Bellini. Un dialogo-flusso tra lui, lei e un “tizio”. Una orazione teatrale – resa alla perfezione dai tre attori in scena- caratterizzata da tagli, echi, fratture, rimandi, cuciture. Un lavoro teatrale che nella sua più profonda radice espressiva è caratterizzato da un senso del ritmo continuo. Tre voci frutto di un’unica narrazione dove la banalità diviene il dispiego di un precipitare lento, asprissimo, inesorabile.

Questi 5 lavori (centro nello specifico tutti dentro i limiti inevitabili della lettura scenica) sono uno sguardo, a nostro giudizio, davvero importante per cogliere un orizzonte possibile della drammaturgia contemporanea. Ed è stato anche bello vedere gli attori e le attrici intrecciarsi tra loro, esser eco e voce, corpo e sguardo in una dimensione di perfetta complicità che solo il teatro e il prepararsi a fare teatro può donare! Ecco io penso che da queste dimensioni di lavoro collettivo e condiviso debba (possa) nascere l’esigenza di ritornare a parlare di scrittura per il teatro in un viaggio tra stili e forme sempre dentro un’angolazione di natura antropologica, sociale e visionaria.

Quello che Federico e Tommaso hanno realizzato (certo con un lavoro vastissimo di collaborazioni, contributi e sostegni validissimi) non è stata una semplice tre giorni. Ma una vera e propria immersione nel profondo della drammaturgia contemporanea. Uno spaccato parziale, certo! Ma uno spaccato notevole. E come un’ampia narrazione collettiva si è sviluppata con una vigoria ed una generosità di sguardi che è indice di una metodologia assolutamente da seguire. Una tre giorni che ci ha invitato a vedere da differenti prospettive le innumerevoli forme, esperienze, trame e letture che un precipuo capitolo di drammaturgia contemporanea ha saputo mettere in campo. E a nostro giudizio è questo l’unico modo di costruirci una bussola personale per attraversare il contemporaneo. Perché la vera esperienza del teatro si realizza sempre come un corpo vivo, dinamico, pulsante. Il tutto costantemente intervallato da frammenti, rimandi, memorie, spazi di riflessione critiche. La densità di questo progetto di rassegna, che continuerà nel periodo estivo, è da leggersi in maniera “trasversale”. Dove ritroveremo in spazi dislocati la navigazione di un teatro abitato da sensibilità, visioni, senso della costruzione e lungimiranza. Guidati sempre da Federico e Tommaso ci troveremo nel fluire della scrittura drammaturgica, dentro un avvicendarsi di storie, di situazioni, di metamorfosi, di vissuti.

Il rigore e la tensione di questi 5 lavori firmati da Jonathan Lazzini, Teresa Vila, Irene Petra Zani, Francesca Garolla e Fabio Pisani (e donati alla scena dai corpi e dalle voci di Jonathan Lazzini, Mirko Soldano, Aida Talliente, Francesca Osso e Federica Fracassi) sembrano azzerare di netto la logica del nostro ipermoderno, sovente consumato dall’impero dell’economia “fast and furious” e dall’egemonia delle passioni tristi. È in queste occasioni di concreta coralità che il teatro sembra recuperare tutta la sua forza, la sua irruenza e la sua necessità (ebbene sì, artaudianamente continuiamo a ritenere il teatro come “atto necessario”). Un teatro che ritrova un ruolo da “protagonista” decisivo nella storia dell’umanità intera. E noi vogliamo continuare ad abitare la drammaturgia contemporanea per smania di conoscenza, come esplosione analitica e principio di autodeterminazione. Una drammaturgia che ritrova (e rinnova) la memoria. Come un fiore che non muore mai e si trasforma gradualmente fino a far parte della nostra quotidianità. E così eccolo un teatro come urgenza di uno sguardo concreto e utopico. Insomma, ora più che mai è importante questo ragionare sul teatro come voglia di progettualità e coralità. È importante questo dirsi verso il futuro (parola, al contempo, bella e terribile come gli angeli raccontati da Rilke).

Alfonso Amendola

Professore di Sociologia dei processi culturali presso l’Università degli Studi di Salerno. Dirige gli incontri d’Ateneo “Open Class. Le professioni della comunicazione” e co-dirige i “Dialoghi sociologici”. È docente nel Collegio del Dottorato di Politica, Cultura e Sviluppo (ciclo XL) dell’Università della Calabria. È responsabile scientifico e Key staff member di diversi progetti internazionali. Il suo percorso di ricerca si muove lungo un crinale di 5 punti: visual studies, culture d’avanguardia, consumi generazionali, innovazione digitale e mediologia della letteratura (temi su cui ha pubblicato numerosi libri, monografie e saggi scientifici). Dirige per le Edizioni Rogas di Roma la collana di sociologia della cultura “La sensibilità vitale” e co-dirige per Cambridge Scholars la collana “Multidisciplinary Approaches to Discourse and Sociology”. Accanto all’attività universitaria è consulente e cultural manager di numerosi festival e rassegne. Scrive sul quotidiano “Il Mattino” e il periodico “CostoZero”, cura la sezione “Nuovi sguardi critici” per RQ e collabora con la Rai.

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