L’autore insegue ed esplora lo stile di Calvino, un percorso che si sostanzia in una vera “stilizzazione”, una sorta di procedimento che intende semplificare il mondo e non complicarlo. Perrella ricorda che questa della stilizzazione è un canone caro a Stevenson che soleva ritenere che l’arte (in questo caso della scrittura) e la vita sono scisse e non si incontrano. Il romanzo, d’altra parte, è la semplificazione di un aspetto della vita e non la sua trasposizione fedele. Calvino, dunque, stilizzando e caricaturizzando, compie ciò che porterà, su di un piano di complessità semplificata, a una realizzazione ideologicamente carnale dei suoi personaggi e della sua intera opera.
Lo scrittore, per il quale la recente occasione centenaria ha richiamato nuove attenzioni, adopera simboli mutanti nel tempo che lo accompagneranno sino all’ultimo Calvino, quello “lontano dalla realtà” come tempo fa erroneamente si scrisse. Il Capitolo sugli “Anni Quaranta” de libro non poteva non soffermarsi sul romanzo d’esordio di Calvino, quel “Sentiero dei Nidi di Ragno” di cui Perrella nota l’agilità della penna, quell’abilità cosiddetta “dello scoiattolo”, un metodo per filtrare e scrutare la bellezza del Mondo. Perrella, discorrendo su questo romanzo, nota principalmente che gli oggetti decritti nel romanzo hanno significati ed usi diversi da quelli correnti: in questo, Calvino usa vere e proprie “connessioni traversali”. Sul piano cerebrale, spiega Perrella, esse sono le stesse cose che, nella dimensione fisica, corrispondono ad attraversare la strada in diagonale. Togliendo agli oggetti il proprio valore d’uso e facendoli incontrare con altri oggetti, creando cioè altre storie e situazioni anomale, lo scrittore crea, dunque, rapporti narrativi, surreali.
Occorreva per Calvino, nota Perrella, essere grati alla generazione precedente per il mezzo del linguaggio pulito ma allo stesso tempo, distaccarsene, come fa ogni nuovo scrittore degno di tale nome ogni volta che traccia una strada. E Calvino, in quegli anni Quaranta che volgono al termine, la strada la sta tracciando. Anni dopo, negli anni Ottanta, Calvino non amerà quel romanzo che gli diede la fama: lo ha raccontato lo stesso Silvio Perrella in occasione di un incontro svoltosi a Salerno qualche giorno fa presso la Libreria Dadart (fondata da Daniela Diodato con la direzione artistica di Daniele Forte e la partecipazione dell’italianista dell’Unisa Vincenzo Salerno e di Alessandra Carloni) evocando un incontro a Palermo con lo scrittore: Perrella racconta che timidamente, si avvicinò al suo modello porgendogli Palomar ed il “Sentiero” per una firma: la firma ben disegnata e tratteggiata che lo scrittore pose sul libro porto dal giovane studioso non fu la stessa che pose sul secondo, relegata ad una firma veloce , quasi un rapido e abozzato schizzo: quasi che il Calvino di quarant’anni prima non rispecchiasse pienamente il nuovo.