La terra che ho promesso, oltre i cieli di buio e i lampi di luce

Protagonista del racconto è una famiglia proveniente da un piccolo villaggio del Mali: il capofamiglia Abdoulaye, falegname con due dita tranciate in un incidente di lavoro; sua moglie Mariam di cui è profondamente innamorato; sua figlia Awa di otto anni; suo figlio Issa di sei. Scopo del viaggio è raggiungere Dusseldorf in Germania

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La storia di un viaggio attraverso i giorni lenti della sopravvivenza. La lotta per riuscire a farcela attraverso un mondo di opportunità negate.

Qui, in questo tempo dilaniato dall’ingiustizia e dal dolore, l’autore Claudio Pagano muove i personaggi del suo racconto e con loro sembra muoversi anche lui, silenzioso e urlante, credibile oltremodo, perché lui questi viaggi disperati li conosce bene. Fanno parte della sua formazione giovanile e poi di uomo maturo da sempre dedito al volontariato, alle missioni umanitarie, al sogno di un mondo migliore, dove i più sfortunati possano e debbano avere le stesse opportunità degli altri. Questo il senso di tante sue lotte, senza mai soluzioni di continuità.

Protagonista del racconto, è una famiglia proveniente da un piccolo villaggio del Mali, in Africa occidentale: il capofamiglia Abdoulaye, falegname con due dita tranciate in un incidente di lavoro; sua moglie Mariam di cui è profondamente innamorato; sua figlia Awa di otto anni; suo figlio Issa di sei. Scopo del viaggio è raggiungere Dusseldorf in Germania, dove sono attesi dalla sorella di Mariam, per intraprendere una nuova vita. Su questo obiettivo si concentrano tutte le loro speranze. Arrivati ad Ayaurou, in Niger, vengono caricati dai mercenari su un camion sgangherato che dopo due orribili giorni di viaggio li consegna al deserto “implacabile e sconfinato” del Sahara, che attraverseranno a piedi in condizioni disumane, soffrendo il caldo sino alle ustioni di giorno e il freddo sino al congelamento di notte, la fame, la sete, la crudeltà della sabbia e del vento. “Ogni passo affondava nella sabbia come un addio”, il deserto cercherà di inghiottirli.

È poi la volta della Libia, dove i trafficanti di carne umana li stipano in un capannone come fossero bestie. Un luogo che l’autore definisce un lager, dove lui e Mariam non chiuderanno mai occhio e che rappresenterà per loro l’ennesimo incubo sino a che riusciranno a fuggire.

Infine, il viaggio per mare dalle coste della Libia sino all’isola di Malta. È sicuramente questa la parte più drammatica del viaggio, quella che metterà a dura prova la responsabilità genitoriale di Abdoulaye e Mariam. Un viaggio che sembra non aver mai fine. L’autore lo descrive con accento accorato e grande potere suggestivo trasportando il lettore lì proprio lì, tra le onde impietose di quel mare in tempesta. Lì dove sembrano concentrarsi tutte le ingiustizie e gli errori di un mondo davvero spietato.  Scene talmente iperreali da sembrare surreali. Cieli di buio e lampi di luce e folgore. Terrore, disperazione, ma anche nobiltà fierezza coraggio da parte di questi protagonisti vittime di tutte le avversità ma dall’animo che continua miracolosamente ad essere puro.

In questo testo sembra essere, l’autore, il conducente di una nave nel mare in tempesta che lui fa di tutto per portare in salvo. Non ci sono chi scrive da un alto e il lettore dall’altra, la narrazione infatti ci conduce tutti dalla stessa parte, quella di un’umanità compassionevole e vera.

Il racconto è saldo, compatto, senza cadute di tono o di ritmo. La sensazione è che il tema del viaggio venga affrontato per raccontare questa storia ma anche molto di più: dire a sé stessi e a noi tutti che occorre scegliere in che direzione andare.

Dominante, il senso della famiglia, delle tradizioni e dell’amore, che l’autore rappresenta, secondo la sua cifra a tutti nota, come i sentimenti più elevati.

E poi, da ultimo ma non per ultimo, la speranza, sì, la Speranza.

Claudio Pagano, La terra che ho promesso, Utopia edizioni

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