È giunto il tempo di realizzare in maniera radicale il nostro mondo occidentale. I politici hanno fallito. Se adesso fallisce anche la grande industria, va tutto in malora, caro signor Agamennone. Solo se creativo un uomo può dirsi pienamente uomo, la sua nomina costituisce un atto creativo, un gesto di socialismo creativo che dobbiamo contrapporre allo sterile comunismo. Questo è quanto ho da dirle. D’ora in avanti lei è direttore, direttore generale. […]
È molto più difficile sopportare la fortuna che la sfortuna, ha detto il vescovo Moser, e ora a volte penso che abbia ragione. La sfortuna non coglie di sorpresa, accade perché deve accadere, ma la fortuna capita per caso e per questo temo che la nostra, di fortuna, presto finisca così com’è cominciata, e che tutto sia solo un gioco, di cui tu ed io, una domestica e un sottocontabile, siamo le pedine. Friedrich Dürrenmatt, Greco cerca greca, Adelphi, pag. 144.
Dürrenmatt è autore svizzero dei più blasonati e conturbanti del secondo Novecento. Nella traduzione di Margherita Belardetti, Adelphi ripresenta questo fiabesco racconto, o commedia in prosa come nel sottotitolo dell’edizione originale in lingua del 1955. – La prima edizione italiana è del 1963 per merito di Feltrinelli. Einaudi pubblicherà il racconto nel 1975 nella collana dei Nuovi Coralli. – Si continua così, dopo La promessa, Il sospetto, Minotauro, La morte della Pizia e altro, la pubblicazione di questo emerito scrittore, drammaturgo e anche notevole pittore. Nella sua Neuchâtel, il museo disegnato da Mario Botta conserva la sua straordinaria opera pittorica, poco percepita ma che vale assolutamente la pena approfondire, tra i suoi motivi che poi si riscontrano come completamento della drammaturgia e dell’opera letteraria di Dürrenmatt, vi sono gli snodi mitologici come il labirinto, o religiosi come la crocefissione e la torre di babele. D’altra parte, suo padre era un pastore protestante, un’eredità che si accorderà con le intense riflessioni filosofiche degli ultimi anni della sua vita e che raccolte in saggi ci si augura di poter leggere in traduzione italiana quanto prima. Una deviazione giusto per rilevare la versatilità di un autore veramente formidabile sotto tutti i punti di vista e nello stesso tempo utile a rimarcare un impegno etico e sociale continuo che ne fa un autore sicuramente dissacrante, irriverente, anche blasfemo ma soprattutto impegnato in una valutazione della Giustizia, tema centrale di molta sua produzione, come meccanismo d’indagine e di giudizio che sfugge a un senso autentico di verità. C’è sempre qualcosa di più profondo che non si trattiene e che può essere rovesciato sia come pena sia come assoluzione.
Poi, altro cardine della sua elettrizzante produzione intellettuale è il Caso, come sostanza imprescindibile di ogni movimento, di ogni azione e di ogni intimo destino. O dissoluzione. Per venire al libro, questo magnifico e crudele racconto scritto nel fiore della sua creatività, Dürrenmatt aveva meno di trentacinque anni, è opera, per certi versi struggente, pura, grottesca, ma anche opera densa di un’assurdità che rasenta la realtà più spietatamente vera, letta oggi, si può facilmente dedurla come opera anche profetica. Arnolph Archilochos, sottocontabile in un’azienda che produce mitragliatrici e cannoni atomici, è pingue, occhialuto, inibito. Nulla che lasci intuire le sue remote origini greche. La sua mesta esistenza è puntellata da valori inscalfibili, incarnati da un pantheon personale di figure etiche e gerarchiche. In alto a quest’ordinamento del mondo c’è il presidente della Repubblica. Un uomo sobrio, un filosofo, in realtà un santo. Come contraltare Archilochos mette Fahrcks, un famigerato rivoluzionario comunista, che non esita a definire impulsivo, smodato, arrogante, “peccaminoso sotto ogni aspetto e vanesio”.
La classifica segue con il vescovo Moser, capo spirituale della setta cui è affiliato e l’industriale Petit-Paysan, fabbricante di mitragliatrici, di armi varie e di forcipi, per cui Archilochos lavora. Seguono altre figure, si arriva a otto, tra cui un pittore astratto, o quantomeno poco convenzionale, un certo Passap e l’ambasciatore degli Stati uniti. Archilochos li incornicia e li appende nella locanda che lo ospita gestita da una coppia che lo ritiene una mezza calzetta, ma che tutto sommato lo tollera. Archilochos beve latte, non fuma e, forse, o molto probabilmente, non ha mai toccato una donna. Un uomo ligio e insignificante, insomma, almeno fino a quando non decide di pubblicare un laconico annuncio: “Greco cerca greca”, che – si augura – gli consentirà di trovare moglie e insieme di riannodare i rapporti con la radiosa patria che non ha mai conosciuto. E l’impensabile accade. La giovane donna che si presenta a lui, una certa Chloé Saloniki, non soltanto è abbagliante di bellezza ed eleganza, ma trasforma di colpo il timido contabile in un uomo facoltoso, potente e ossequiato. Da semplice sottocontabile a direttore generale delle industrie di Petit-Paysan. Archilochos è felice. Archilochos e Chloé si amano subito e immediatamente decidono di sposarsi e di organizzare immediatamente il matrimonio con relativo viaggio di nozze in Grecia. Loro paese d’origine che improvvisamente loro scoprono come meraviglioso e come patria mancante. Ovviamente, una donna di tal fatta genera perplessità e disorientamento in Georgette e marito, i proprietari della locanda, che sebbene stupiti, lo assecondano. Quando finalmente Archilochos scoprirà le ragioni di questa miracolosa metamorfosi, il sistema “consolidato, puntuale, etico, gerarchico” che lo sorreggeva andrà in pezzi. Lo sviluppo del racconto si accende di un’ironia e un sarcasmo sbalorditivo ed esilarante, il tutto raccontato da una scrittura che evidenzia sì, l’incantevole ferocia di una farsa o di una favola, ma il mondo così com’è: assurdo e preoccupante. Dürrenmatt incenerisce tutto nel ridicolo: falso decoro borghese e conformismo religioso, impostura politica e aneliti rivoluzionari, rigorismo morale e paternalismo imprenditoriale. Tutto tranne forse l’amore. L’amore che non teme la verità. E qui è la bella favola. O, forse, l’autore svizzero, che amava ripetere che si vive in mezzo alle catastrofi, ci vuole consegnare la sua imperfezione, la sua fede, il suo dubbio? Un libro delizioso, necessariamente da leggere e da tenere.
Friedrich Dürrenmatt, Greco cerca greca, Adelphi, pag. 144