Francesco Terrracciano, è giusto correre il tanto che serve

L'autore ha pubblicato: Mistica del quotidiano (2018), Limite del vero (2019), MCM (2021), Eserciziario di formule brevi (2022), Portul Nevatamat - Il porto illeso - (2024). I suoi scritti sono presenti in antologie e in periodici di settore; diverse le traduzioni in altre lingue.

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Francesco Terracciano (Napoli,1967) collabora con riviste letterarie e partecipa a progetti editoriali, rassegne e seminari; è redattore per il trimestrale di cultura internazionale Menabò, condirettore per Inverso-giornale di poesia, membro di IP Independent Poetry. Ha pubblicato: Mistica del quotidiano (2018), Limite del vero (2019), MCM (2021), Eserciziario di formule brevi (2022), Portul Nevatamat -Il porto illeso- (2024).
I suoi scritti sono presenti in antologie e in periodici di settore; diverse le traduzioni in altre lingue.

 

*

Qualcosa che ti fa girare il fianco

di scatto mentre dormi, e qualcun altro

vicino che ti guarda è ancora sveglio.

Sa molto della tua temperatura

e custodisce i tuoi graffi alle mani

i solchi in fondo agli occhi, le ombre in petto.

Ti aggiusta le lenzuola, le riporta

dove sei più scoperto, e tu sei andato

dentro qualche altra insania, un viaggio nuovo.

Guardare fuori da punti diversi.

Le due di notte, l’erba sminuzzata

nell’aria. A cosa ti sarà servito

restare ferma, amare così tanto.

 

*

#5 Dream

Il risultato della passeggiata

è ritrovarsi in uno spazio bianco

tra il prato e le montagne. Aperta dentro

 

come dal taglio di una lama, appare

la cattedrale inattesa. È bucata

 

l’abside cede ai lati. Affumicati

in cima, privi di qualsiasi cosa

i resti della cupola dipinta.

 

Gli angeli delle volte, i personaggi

di tutti quegli affreschi, perso il posto

sul muro, si dispongono sull’erba.

 

L’ordine che hanno sempre avuto, uguale

il gesto. Sanno la scena a memoria.

 

*

#7 Dream

Nel sogno ero una barca piena d’acqua

per la metà, la parte rimanente

asciutta, ferma tra due scogli neri.

 

Tu eri seduta in un ritaglio, in salvo

con i riflessi tra i piedi. Cercavi

di riparare il danno con le mani

 

sul fondo azzurro. Chiome sparse in giro

di reti, vecchi attrezzi per la pesca.

 

Ci venne incontro il mare: a noi incagliati

tra quelle rocce diede inizio al viaggio

 

facendo scorrere le coste, gli orli

dei promontori, i pini messi sopra.

 

*

#8 Dream

Tu avvolta in un cappotto scuro, non tuo.

La lunga fila dei bottoni d’osso

tiene accostate le parti di stoffa.

 

Quasi sull’acqua sospesa. Il sorriso

aperto verso di me. Magazzini

con le finestre alla riva. Gli canti

 

sempre una ninna nanna al cielo ombroso

al tuo bambino tiranno. Ora chiudi

gli occhi, volta la testa, dormi un poco.

 

E lui fa docile quello che chiedi

si gira. Cade subito nel sonno.

 

*

È giusto correre il tanto che serve.

La sciarpa grigia, l’ultimo bambino

che alza la testa da un gioco, che guarda.

Faccio più tardi al lavoro ma vengo

a prendervi, ogni cosa, tutti quanti

chi ho conosciuto in una vita. Certo

l’idea più facile, restare fermo

al centro di una strada, dare a tutti

lo stesso appuntamento. Il braccio in fuori

mentre vi vedo arrivare, nessuno

di voi conosce gli altri. Giusto un cenno

una parola o due, di circostanza

dire com’è potuto capitare

e poi lasciarvi soli, nella sera

con questa o un’altra lingua prigioniera.

 

(da Eserciziario di formule brevi, Ensemble Ed. 2022)

 

*

Le facili architravi del congegno

assi di legno e cuscinetti a sfera

trovati tra gli scarti, e loro sopra

quelle croci minuscole, lanciate

per le discese. Macchine da corsa

e gambe nere incollate al terreno

in gara con tutti gli altri. La luce

degli angeli tirati a sorte, il fischio

inconfondibile sopra le pietre

di quelle ruote inesistenti. In strada

qualche metro più in basso, al primo incrocio

nessun motore vero funzionava

meglio, lo stesso suono di orologio.

 

*

I giri delle catene, la presa

decisa degli anelli sui cilindri.

Le due maniglie. È inutile la punta

di ferro, il cacciavite per spezzarle

che cerchi a terra.

Basta allontanare

il ponte curvo del lucchetto in senso

opposto. È fatta, era solo incastrato.

È nella pace l’ingresso, salvata

dal colpo risparmiato. Sparsi a terra

ancora cartellini, fogli scritti.

Sui muri gli orologi fermi. È l’antro

lungo la roccia scoperto dal mare

quando si abbassa, la sala sospesa

su tubi d’aria.

È inutile pensare

al suono lungo di qualche sirena

la fine attesa del turno. È rimasto

qui dentro, come al fossile che affiora

il setto della conchiglia

cavo, disabitato

la sua frammentazione minerale.

 

(da MCM, Oèdipus Ed., 2021)

 

*

I borbottii cadenzati dell’acqua,

dentro le curve delle tubazioni

nascoste, che non tacciono di notte,

fanno pensare a un codice segreto

di tortore, a un fraseggio in mezzo agli orti.

Passano poche macchine, si muove

sopra le corde un bucato tardivo.

 

Fuori, per ogni strada conosciuta,

sono sbarrate le porte di ingresso.

Qualcuno dice cose senza senso

a una bellezza svogliata, nel sonno,

altri, già in piedi, scandagliano l’acqua

di un fiume smunto, armeggiando tra i sassi

con mezzi improvvisati, inutilmente

 

*

La bella gente se n’è andata tutta.

La luce delle lampade si è spenta.

È misterioso, il bagliore del cielo.

 

Adesso può risplendere, la sera.

 

(da Mistica del quotidiano, Terra d’ulivi Edizioni, 2018)

 

 

 

 

 

 

 

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