Fluet, un originale discorso a tre voci

Il nuovo cd del trio composto da Marta Gadaleta, Gianni Vancheri ed Ettore Fioravanti, contiene rimandi musicali che si mescolano con le sonorità sintetiche dell’elettronica, in un’unica e avvolgente fusione timbrica

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Dodicilune (Edizioni Discografiche & Musicali) è un’etichetta indipendente del jazz italiano che vede molto lontano e riesce a cooptare i migliori artisti (affermati ed esordienti). Si tratta di una delle etichette discografiche molto attive nel campo del jazz. La sua nascita è datata 1995, esprimendo decisamente i tratti distintivi di una passione per il suono e per la musica. Ha immediatamente una visione a trecentosessanta gradi sul mondo artistico-musicale, in un ciclo intero e continuo che il nome stesso suggerisce. Un gruppo di audiofili e amanti della musica provenienti da diverse esperienze costituisce l’omonima associazione culturale specializzando la propria attività in riprese dal vivo e d’ambiente. Negli anni tra il 1999 e il 2008 collabora alla organizzazione di ‘Jazle’ il ‘Festival Jazz del Salento’ riuscendo a mettere in scena 64 concerti di artisti di fama mondiale (tra i tanti Lee Konitz, Brad Mehldau, Jim Hall, John Taylor, Gato Barbieri, Richard Galliano, Eliane Elias, etc) alcuni dei quali vengono registrati e prodotti su compact disc. Fino al 2006 l’attività discografica subisce una flessione e registra soli 15 titoli. Dal 2007, nasce l’etichetta discografica vera e propria. L’attività produttiva cresce in modo esponenziale … fino ai circa 400 titoli attualmente in catalogo, tra cui compaiono nomi di pregio del panorama musicale nazionale ed internazionale. La IRD (International Record Distribution) è distributore ufficiale di tutti i supporti fisici CD, LP, DVD presso tutti i negozi di dischi e le catene di cultura. L’etichetta leccese è presente su 59 piattaforme digitali di download/streaming in 80 paesi del mondo (iTunes, Spotify, Deezer, YouTube Music, Qobuz, etc.). Dal 2010 appare tra le prime classificate quale ‘Migliore etichetta discografica italiana dell’anno’ nell’ambito del Jazzit Awards, con numerosi altri riconoscimenti. Nel 2017, nel 2020 e nel 2022 vince il ‘Top Jazz’ con produzioni legate ad uno degli artisti di punta, il sassofonista Roberto Ottaviano. Ottiene il Jazzit Awards per la categoria ‘Migliore Etichetta Discografica’ dal 2010 fino ad oggi Dodicilune si riconferma ogni anno tra le prime etichette in Italia. Nel 2017, nel 2020 e nel 2022 vince il prestigioso riconoscimento Top Jazz.

Prodotto, quindi dall’etichetta pugliese, esce ‘Fluet’,  il nuovo cd del trio composto da Marta Gadaleta (voce, parole, elettronica, oggetti sonori), Gianni Vancheri (composizione, chitarre, clarinetto basso, elettronica) e da Ettore Fioravanti (batteria e percussioni).

«Fluire, andare, lasciar passare. Questo è lo stato fluido creativo, una materia in cui le idee possono muoversi rapide passando attraverso la conoscenza, il background e le molteplici esperienze di chi ne fa parte, mutandosi poi in nuovo materiale da cui partire, alla ricerca di un lato inaspettato della musica, di alternativi percorsi espressivi. ‘Fluet’ è un discorso a tre voci, che si sviluppa su composizioni e testi originali, tutto fluidamente unito da correnti improvvisative libere, eppure connesse alla narrazione, per assonanza o per contrasto. I ricchi rimandi musicali si mescolano con le sonorità sintetiche dell’elettronica, in un’unica e avvolgente fusione timbrica» – dice Marta Gadaleta sul disco.

Marta Gadaleta si è avvicinata presto alla musica in formazioni di vario stile, frequentando poi la classe di ‘Armonia e tecnica dell’improvvisazione jazz’ di Gianni Lenoci al Conservatorio ‘N. Rota’ di Monopoli. Ha studiato tecnica vocale con il soprano Lucia Naviglio e frequentato le masterclass tenute da Elisa Turlà, Sarah Jane Morris, Ian Show, Franco Fussi, Ele Bruni, Mauro Tiberi. Dal gospel alla free improvisation, è passata per il jazz, il canto etnico, la ricerca vocale, tenendo concerti con Rachel Z, Andrea Centazzo, Roberto Ottaviano, Gianni Lenoci, Mark Dresser tra gli altri. Sin dal 2001 collabora stabilmente con Gianni Vancheri in duo e in varie formazioni. Con ‘Jacarandà Ensemble’ di Filippo Lattanzi si è esibita al ‘P.A.S. Greece’ di Atene, al ‘Time Zones Festival’, al ‘Camerino Winter Festival’. Con il ‘Collettivo SubArdente’, gruppo di improvvisazione libera, ha collaborato con Elio Martusciello, Daniele Ledda, Giancarlo Schiaffini, Silvia Bolognesi. Con il ‘Collettivo Onyx’ ha collaborato con Bruno Tommaso, Achille Succi e l’attore Giuseppe Cederna, ‘Materadio’ Rai Radio Tre, ‘Suoni del futuro remoto’ con il compositore Joe Johnson, ospite Paolo Fresu, per Matera 2019 ed ‘Occit’amo – Uvernada’ città di Saluzzo. Si interessa di musica elettronica ed è autrice di testi.

Gianni Vancheri è  diplomato con lode in Musica jazz (secondo livello) al Conservatorio “N. Piccinni” di Bari e in Composizione Jazz al Conservatorio “N. Rota” di Monopoli con lode e menzione. Ha seguito i corsi di Composizione di Siena Jazz con Bruno Tommaso, Giancarlo Gazzani, Giancarlo Schiaffini e i corsi di Chieti con James Newton e Bruno Tommaso. Ha partecipato a diverse masterclass sull’improvvisazione libera e sulla conduction. Sin dal 2001 collabora stabilmente con Marta Gadaleta in duo e in varie formazioni. Ha tenuto concerti con Rachel Z, Roberto Ottaviano, Andrea Centazzo, Gianni Lenoci, Mark Dresser. Con Jacarandà Ensemble di Filippo Lattanzi si è esibito al ‘Teatro Petruzzelli’ di Bari, ‘P.A.S. Greece di Atene’, ‘Time Zones Festival’, ‘Teatro Comunale’ – Vasto, ‘Camerino Winter Festival’ e nella rassegna ‘Embracing the Universe’ curata da Emanuele Arciuli. Con il ‘Collettivo SubArdente’, gruppo di improvvisazione libera, ha collaborato con Gianni Lenoci, Elio Martusciello, Daniele Ledda, Giancarlo Schiaffini, Roberto Ottaviano, Silvia Bolognesi. Con il ‘Collettivo Onyx’ ha collaborato con Bruno Tommaso, Achille Succi e l’attore Giuseppe Cederna, ‘Materadio’ Rai Radio Tre, ‘Suoni del futuro remoto’ con il compositore Joe Johnson, ospite Paolo Fresu, per Matera 2019 e ‘Occit’amo – Uvernada città di Saluzzo’.

Ettore Fioravanti, diplomatosi in percussioni al Conservatorio ‘A. Casella’ dell’ Aquila, dal 1975 collabora ed incide con Gianluigi Trovesi, Giancarlo Schiaffini, Bruno Tommaso, Eugenio Colombo, Paolo Fresu, Paolo Damiani, David Liebman, Steve Lacy, Tony Oxley, Ernst Reijseger, Kenny Wheeler, John Tchicai. Ha partecipato a numerosi Festival nazionali e internazionali. Attualmente suona stabilmente nel quintetto di Paolo Fresu. Ha diretto il gruppo ‘Belcanto’ con cui si è esibito in tutta Italia, Europa, Africa e dirige inoltre il quartetto ‘Opus Magnum’. La sua discografia comprende più di sessanta titoli, di cui dodici a proprio nome. Ha tenuto corsi nei più qualificati Seminari italiani ed esteri tra cui Ravenna, Matera, Terni e Melbourne, nonché a ‘Siena Jazz ‘ dal 1990 al 2022. È docente nei corsi di jazz nei Conservatori dal 1996. Oggi insegna al Conservatorio ‘Santa Cecilia’ di Roma. È stato vice-presidente dell’Associazione italiana dei musicisti jazz (AMJ).

Le note di copertina dicono: «Come in un movimento di progressiva messa a fuoco: una luce e il suo deflettersi, il suo incedere e il suo confondere, il suo inghiottire e la sua disvelante affermazione. Un afflato teatrale, un’intrinseca drammaturgia e uno spiccato senso formale attraversano, animano, questa musica che poggia su una line-up essenzialissima e insieme esaustiva. Sovente procede per intersezioni, per succedersi di prospettive, perentorie pulsazioni e inquieti sussurri, per unisoni e fertili collisioni. La matrice timbrica (autorevolezza della vocalità, una campitura elettronica di insolita sobrietà e per questo di grande efficacia, il calore e il colore del clarinetto basso, la vertigine quasi orchestrale che ci regala la chitarra, la ricchezza nervosa, sontuosa nella precisione, delle percussioni) ha certo un ruolo determinante nel consegnare all’ascolto una compattezza, una omogeneità stilistica, l’interezza che caratterizza questo lavoro. Ma è forse la presenza di una voce, capace di suggestioni intime e insieme di forza assertiva, a rendere quasi visibile l’impianto compositivo, la permeabilità all’improvvisazione, alla varietà dinamica, alla sublimazione dell’idea che innerva la musica. Nei testi, nella ricchezza fonetica che si agita nei bisbigli, nelle sillabe che emergono e si fondono con il suono strumentale, nella parola e anche in accenni speech melody che permeano questo canto, avverto un lirismo del crinale, sempre sul punto di infrangersi sulla soglia fra sogno e disincanto. Le fonti ispirative sono forse all’origine di questa sensazione: un dipinto di Hopper, un notturno fondale scuro che inghiotte un riflesso di luci sul quale emerge vicina la solitudine di una figura, un incanto sospeso di fremente malinconia. Una lirica di Frost, un tempo immobile e pulsante insieme nel quale attraversiamo il turbinio notturno di fiocchi di neve al limitare di un bosco, certo anche interiore. Un ricorso, una translitterazione sonora di due composizioni di un maestro come Lenoci, una sublimazione del suo insegnamento. In Fluet un senso narrativo, dal carattere per certi aspetti oracolare e imprendibile. Ne spicca una fragranza sincera, un’intenzione comunicativa che carezza il senso profondo. Una luce appunto, che disvela. E anche un cerchio, un rituale fatto di case sonore, un materiale che sembra coagulare elementi rimasti in sospensione, in attesa di questa destinazione. Vancheri (composizione) tende qui un arco espressivo, una morfologia attinta con maturità da distanti derivazioni, che trova nella voce e nella multiforme scelta testuale della Gadaleta … una declinazione toccante, quando non rivelatoria e una luminosa resa nella trasfigurazione che Fioravanti dona, preziosa,»

I brani

Fluet Opening: (G. Vancheri). Un magma sonoro si costruisce pian piano, trae origine dalla parola, dal fonema che diventa puro suono, poi timbro, infine si mescola fluidamente al canto, alle voci degli strumenti che propongono la stessa cellula melodica, ma ciascuno a suo modo; si aggiunge anche l’elettronica, in un processo di accumulazione, fino a raggiungere lo stato di massima energia. È l’inizio del viaggio. 

Drawings: (G. Vancheri / M. Gadaleta – testo M. Gadaleta). Un percorso interiore profondo, ricco di contrasti e delicatezze, che si sofferma sulla necessità di affrontare le difficoltà, per cogliere la bellezza nel disegno di una vita. Momenti di durezza armonica e ritmica si alternano ad improvvise radure sonore dalle atmosfere sospese, più dolci e sognanti.

Automat: (G. Vancheri). Ispirato dall’omonima opera di Edward Hopper è un brano nato inizialmente come un soliloquio che si è poi arricchito, divenendo un discorso a più voci acustiche ed elettroniche. Una figura femminile si ritrova sola in una tavola calda di Manhattan, un luogo di passaggio denso di persone, in aperto contrasto con il profondo senso di isolamento della figura in primo piano. Le vite che scorrono sul fondo si intuiscono in lontananza, come certi suoni che si percepiscono appena e che non turbano il lento fluire della solitudine, del pensiero e forse del disincanto.

Lament/Hoping: (M. Gadaleta / G. Vancheri – testo M. Gadaleta). Un omaggio alla figura di un grande musicista scomparso troppo presto, Gianni Lenoci, si traduce in due momenti sonori uniti da un fluido elettronico che fa da collante. La prima parte si sviluppa sulla parola, pochi versi da cui prende le mosse un canto elegiaco che si ripete, un mantra ossessivo che ben descrive il tormento della perdita e la difficoltà ad andare oltre. Eppure, da questo si passa attraverso una fluida evoluzione, a un dolce canto e un accompagnamento di chitarra dall’andamento cullante, un pensiero di speranza e di sana costruzione che parte proprio dall’eredità preziosa di un maestro e di un amico.

New Tune: (G. Lenoci – testo M. Gadaleta – arrangiamento G. Vancheri). Brano composto da Gianni Lenoci di cui si è immaginata una personale rilettura. L’andamento armonico e ritmico segue, sottolineandolo, quello spigoloso del tema che procede per aspri salti melodici. Ciò che il testo racconta assieme alla musica, riguarda ancora il vuoto dell’assenza e la perdita come nel brano precedente, ma si porta verso un sano sviluppo, che da un cammino tortuoso e difficile giunge ad una zona salvifica, dove il dolore sublima in un nuovo gesto musicale. La stesura originale della composizione non prevedeva un testo che nella versione contenuta in Fluet è stato invece scritto.

Beyond: (G. Vancheri – testo M. Gadaleta). Dall’evocazione al sogno. Da qui parte il clima rarefatto e senza tempo di questa free-ballad, costruita su una linea melodica larga, esposta all’unisono da voce e clarinetto basso. Ad un tratto le due linee diventano complementari sdoppiandosi in due temi intrecciati, mentre sul fondo si muovono suoni acustici e sintetici, sovracuti, dal timbro metallico, che evocano la preziosa fragilità del materiale onirico, fatto di attese, memorie, echi lontani e stupore.

Feel the light: (G. Vancheri / M. Gadaleta – testi M. Gadaleta). Un arpeggio di chitarra in un trasognato tempo di tre quarti fa da controcanto ai versi di apertura che tratteggiano un viaggio, quello che ognuno compie ogni giorno, dalla fatica dell’andare al ritorno alla terra e al mistero della notte, per poi aprirsi, con l’ingresso del tema principale, all’affascinante scoperta dei mille volti della luce. D’improvviso, come per richiamare alla realtà chi ascolta, si affaccia una marcetta un po’ ironica che pur non prendendosi troppo sul serio, è un piccolo monito sull’importanza di non abbandonarsi senza lotta alle zone d’ombra della vita.

Graduale: (G. Lenoci – testo M. Gadaleta – arrangiamento G. Vancheri). Anche in questo caso la composizione è a firma di Gianni Lenoci e nella sua versione originaria non prevedeva un testo, poi scritto appositamente per la rilettura di Fluet. L’intero brano è stato costruito su di una estesa improvvisazione ritmica in cui ad “innesto” si inseriscono due cellule melodiche esposte da voce e clarinetto basso, pensate l’una quasi in opposizione all’altra in un effetto armonico straniante. La ricerca di un sentiero, un percorso ambizioso verso gradi più alti della conoscenza è possibile con uno strumento perfetto: la musica. 

Miglia da fare prima di dormire: (G. Vancheri – testo M. Gadaleta). Fermarsi davanti a un bosco in una notte innevata può divenire metafora del superare un momento di crisi. Prendendo spunto da Stopping by woods on a snowy evening del poeta Robert Frost, qualcuno osserva la calma, la morbidezza e il candore della neve, stridere con l’inquietudine dell’anima, con i suoi fallimenti, la sua disperazione. La musica segue il fluire dei pensieri e delle emozioni, anche quelle scomposte che in più punti squarciano l’ipnotica seduzione del bosco e della sua oscurità, verso l’oblio, per chiudersi infine in un richiamo furioso alla vita e alle cose ancora da affrontare. 

Mille comete: (G. Vancheri / M. Gadaleta – testo M. Gadaleta). Una piccola parentesi lieve con un breve canto, fugace quanto può esserlo il passaggio del tempo, ma sfolgorante come la luce di certe comete o la capacità di tramutare in canto qualunque inciampo. La dolcezza dell’arpeggio di chitarra s’intreccia con il tema cantato, portando fluidamente in avanti anche il ritmo che, con grazia claudicante, impreziosisce il breve racconto di un’improvvisa epifania. 

Fluet ending: (G. Vancheri). Con una struttura esattamente palindroma rispetto al principio, la chiusura del progetto parte con un repentino muro sonoro, denso e potente, dalle dinamiche importanti. Totalmente improvvisato è però costruito sulla base di una minima struttura concordata e sulla stessa cellula melodica proposta in apertura. Al massiccio plasma sonoro si somma un flusso di “voci”, frammenti dei discorsi di grandi personaggi politici rivolti a vasti uditori, trattati elettronicamente e poi sovrapposti. Progressivamente il tutto si avvia verso la disgregazione fino a sparire. Resta la lunga coda di voci che, lentamente, procede anch’essa verso il silenzio.

TRACKLIST

1) Opening

2) Drawings

3) Automat

4) Lament/Hoping

5) New Tune

6) Beyond

7) Feel the light

8) Graduale

9) Miglia da fare prima di dormire

10) Mille comete

11) Ending

 

Antonino Ianniello

Nasce con una spiccata passione per la musica. Si laurea in lettere moderne indirizzando la scrittura verso il giornalismo, percorre in maniera sempre più approfonditamente e competente le strade della critica musicale, pubblicando numerosi articoli su jazzisti contemporanei e prediligendo, spesso, giovani talenti emergenti. Ama seguire il jazz, blues e fusion e contaminazioni.

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