Bruno Galluccio, ripercorriamo senza pause e occhi le stesse strade e tutto il respiro che rimane è corpo di festa

Il poeta è nato a Napoli. Laureato in fisica, ha lavorato in un'azienda tecnologica occupandosi di telecomunicazioni e sistemi spaziali. Il suo primo libro di poesia, Verticali, è uscito per Einaudi nel 2009; sempre per Einaudi, ha pubblicato La misura dello zero (2015) e Camera sul vuoto (2022). Da quest'ultimo sono tratti i componimenti scelti dall'autore e da noi pubblicati

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Il poeta Bruno Galluccio (foto di Dino Ignani)

Bruno Galluccio è nato a Napoli. Laureato in fisica, ha lavorato in un’azienda tecnologica occupandosi di telecomunicazioni e sistemi spaziali. Il suo primo libro di poesia, Verticali, è uscito per Einaudi nel 2009; sempre per Einaudi, ha pubblicato La misura dello zero (2015) e Camera sul vuoto (2022).

 

 

le colonne di Atene vanno

ad allinearsi nella nostra mente

 

quelle ostie della carne calate

così profondamente nella storia le ossa

che si avviano all’ inverno grande

voltandosi intorno indifese

 

i legami covalenti instaurati

tra ossigeni e idrogeni il primo

casuale formarsi dell’acqua

 

lo strappo nel tessuto iniziale della simmetria

le pianure di tempo

 

quei convogli distanti

e quegli altri convogli più lenti

 

 

 

si spogliano gli alberi dalle parole le grandi presenze nel buio.

ripercorriamo senza pause e occhi le stesse strade

e tutto il respiro che rimane è corpo di festa

gli ultimi prendono la rincorsa per raggiungerci

ma non per questo domandano e rispondono.

 

gli enormi capannoni

le stazioni con le loro strutture sospese nel freddo

sul treno delle soste di tutte le vite

dove fissi appuntamenti che non avvengono

e poni domande sulla grata dell’occhio

 

ti avvicini alla riva dei carri merci

cammini nella notte spenta di tutti gli abbracci

cerchi di assuefarti al timore dei giorni a venire

la marea di metalli che congela gli occhi e atterrisce i polmoni

nell’intricato intersecarsi di desiderio e veglia

dove i margini segnati del bisogno di cammino

sono pietre scivolate o affossate ad arte

 

 

 

le imposte sono chiuse

forse verrà un temporale

strati di acqua terrestre si frappongono

fra noi e quella che ormai abitiamo

come nuova occasione più ampia

 

il desiderio di conoscenza sporge la sua mano nera

ora nel mare tranquillo delle stanze

gli approdi scompaiono e i muri

dove si fissavano le deduzioni le ipotesi

 

le prime strutture mentali sull’assetto dell’universo

non ci guardano dalla loro estraneità irreparabile

 

 

 

il pensiero del passaggio verso universi paralleli

è un mito luminoso e una devianza

come se l’esistenza di qualcosa

che supera il tutto attenuasse l’abisso

della materia e del nostro esistere  così finito,

 

ma anche l’eventuale scoperta

di un pianeta con forme viventi

simile alla nostra

sarebbe l’evento inaugurale

di una solitudine in due nell’universo

 

 

 

nuove reazioni nella chimica di un cervello

nuovi legami nelle reti cerebrali

 

li portiamo a spasso come uno straniero

li trasportiamo nel loro muoversi dentro di noi

inserendoli nel giorno indecidibile

 

lascia connessioni filiforme tracce

l’impronta e il gusto dell’acciaio la mano indifesa

 

ma dentro c’è anche il meccanismo

che gira a vuoto la transizione che si inceppa

tutte le ferite difficili dell’ambiente

 

dormono le stelle nell’istante più alto, il mondo è muto

appaiono gli scheletri inquieti dei telescopi

 

(da Camera sul vuoto, Einaudi, 2022)

 

 

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