Annalisa Apicella riapre i conti con la maschera

In mostra dieci opere con forma ovale, a voler amplificare il significato dello Scudo, si ergono una accanto all’altra proponendo una serie di espedienti e immagini discretizzate con un’espressività allusiva e mai totalmente definita. Una rielaborazione personale e sintetica di suggestioni prese in prestito da mondo etrusco, greco, coreano, giapponese, nord-americano e precolombiano

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Una delle opere in mostra

Si chiude il 28 dicembre la Mostra Oltre la maschera di Annalisa Apicella, esposta nella sede del Fai di Portacatena a Salerno. La mostra presenta opere di questa giovane ceramista salernitana che si è già fatta notare negli ambienti artistici per la particolarità delle sue opere presentate in diverse città italiane,  per le sue tecniche molto originali e creative e che ha già raccolto premi e segnalazioni. Oltre la maschera presenta dieci maschere ovali che rinviano ad antichi scudi e che rielaborano manufatti di diverse etnie, greche, coreane, nord americane e precolombiane con evocazioni spirituali e mistiche; non estranei alla ricerca iconica della ceramista che ha una formazione in architettura, gli studi dell’antropologo Levi Strauss. Nel corso della personale che si è inaugurata in novembre, sono intervenuti sul tema della maschera, l’attrice Brunella Caputo, la storica dell’arte Matilde Romito e l’antropologo Paolo Apolito. Venerdì 6 alle ore 18.00 intervengono la giornalista e critico Luciana Libero e il regista Pasquale De Cristofaro sulle relazioni tra maschera e teatro. La mostra resta aperta per tutto il periodo natalizio e si chiude il 28 dicembre. Pubblichiamo, di seguito, un testo dell’artista sul senso della sua mostra e delle sue opere.

 

OLTRE LA MASCHERA

La maschera è un ‘oggetto’ mistico ed emblematico con una storia che si perde nella notte dei tempi. Non vi è un popolo che non ne abbia fatto utilizzo nell’espressione di sé; basti pensare all’uso, comune in tutte le lingue europee, della parola ‘persona’ che sta ad indicare l’individuo umano ma anche la maschera di un attore. La maschera diventa dunque il simulacro dell’identità sociale e culturale, veicolata attraverso un’originale iconografia, in un complesso intrico di relazioni simboliche e di valori culturali specifici di una società.

La sua funzione, che spesso si esplica attraverso musica, danza, movimento e recitazione, definisce occasioni socialmente importanti in cui trovano espressione i valori e le credenze più significativi per la comunità, tanto da assumere rilevanza in numerose sfere: religioso-mistica; mitologica, politica, teatrale,cerimoniale e rituale. Per la sua capacità di sovrascrivere ambiti diversi, è un simbolo ambiguo, luogo di antitesi che si svolgono in sincrono. Diverse realtà sono agite mediante il suo utilizzo, una soglia che consente la comunicazione tra campi differenti, l’attraversamento di un confine che divide i vivi dai morti, gli esseri umani dagli animali, il concreto dal divino.

La maschera nasconde e rivela simultaneamente, legando con un filo invisibile forti dicotomie come fantastico e mostruoso, reale e finzione, passato e presente, paure e psicosi, mistero ed evidenze, libertà e conformismo, individuale e collettivo.

In mostra dieci maschere con forma ovale, a voler amplificare il significato dello Scudo, si ergono una accanto all’altra proponendo una serie di espedienti e immagini discretizzate con un’espressività allusiva e mai totalmente definita. Una rielaborazione personale e sintetica di suggestioni prese in prestito da mondo etrusco, greco, coreano, giapponese, nord-americano e precolombiano, e altri, che suggeriscono o che vorrebbero suscitare la lettura delle più diverse emozioni nell’occhio dello spettatore.

Se fin ora la maschera era sempre stata usata per esprimersi e proteggersi, quasi come uno Scudo, il confine tra ciò che è mostrato e ciò che si è, diventa, nella società contemporanea, sempre più labile, tanto che spesso sono gli stessi volti a incarnare le maschere e la linea di demarcazione scompare del tutto. Gli attori del nostro tempo non hanno più bisogno di maschere, è il loro stesso corpo a trasfigurarsi, ad esprimere uno stato d’animo o un’icona; un processo iniziato con l’avvento del cinema che oggi ci pone nuovi orizzonti e interrogativi con l’utilizzo dell’ intelligenza artificiale e delle realtà aumentate, capaci di proiettarci in mondi distopici, visioni sconosciute e destabilizzanti, nelle quali scompare l’umano. Nudi, spogliati di ogni orpello protettivo o evocativo, ciò che rimane oltre la maschera, è presenza di Spirito.

 

 

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